Pd, Renzi rottama l'Ulivo: "Si sono persi vent'anni"

Il Pd in pieno caos. Il premier mostra i muscoli in assemblea nazionale: "Voglio cambiare il mondo, non andare alla moviola". Ma la minoranza è pronta allo strappo

Pd, Renzi rottama l'Ulivo: "Si sono persi vent'anni"

Pippo Civati che mette un piede fuori dal partito, i deputati della minoranza Pd che si fanno sostituire "con sdegno" in commissione, il sogno delle riforme che si fa incubo per colpa del suo stesso partito. Matteo Renzi ha provato a tirare le fila, davanti ai mille componenti dell’assemblea nazionale del Pd, di un dibattito interno ad altissima tensione. A loro ha chiesto un mandato chiaro su un documento che sia la base per affrontare il tornante "complicato" che attende il governo a nei primi mesi del 2015. "Noto un certo richiamo nostalgico all’Ulivo e ricordo le tesi dell’Ulivo sul superamento del bicameralismo perfetto... - ha detto il premier - quello che non capisco è come si possa aver perso tanto tempo sulle riforme".

La riforma del bicameralismo e del Titolo V ha superato il primo passaggio alla Camera. Ieri sera, poco prima della mezzanotte, la commissione Affari costituzionali ha approvato il testo. Questo consentirà di rispettare la data del 16 dicembre, quale giorno per approdare in Aula, proprio come aveva auspicato Renzi all'inizio dell'iter parlamentare. Al ddl licenziato dal Senato sono state apportate importanti modifiche, comprese alcune richieste dalla minoranza democrat. Questa apertura, però, non è bastata a evitare la spaccatura interna al Nazareno, con la minoranza che è uscita al momento di votare alcuni articoli e che, alla fine, ha lasciare la Commissione. "Renzi vuole andare al voto - ha attaccato Stefano Fassina dalle colonne di Repubblica - ogni giorno cerca di costruire alibi per giustificare il suo obiettivo, ma scaricando la responsabilità sulle spalle degli altri". Per rispondere anche a Fassina, davanti all’assemblea del partito, il segretario ha tenuto il solito discorso infarcito di promesse, fumo negli occhi, battute per strappare gli applausi dei presenti e complimenti al governo. "Pensate che andare al voto sia l’obiettivo di una forza politica che ha detto in tutte le lingue che vuole cambiare il Paese senza cambiare i parlamentari? - ha replicato senza nascondere un punta di fastidio - ha senso, Fassina? Per me non ha senso tornare a votare a ogni intoppo".

Renzi non si è dimostrato per nulla tenero contro chi dall’interno fa una battaglia tutta interna, di parte, quasi congressuale, "sulla pelle degli italiani". Il tutto per dimostrare, con la maggioranza schiacciante a un documento sulle riforme che sta preparando in prima persona, che il partito, come già il 40% degli elettori alle europee, è con lui. "Io non caccio nessuno", ha sempre assicurato Renzi. E non lo ha fatto, neanche questa volta. Saranno gli altri, i ribelli, ad alzare le tende. "Siamo quelli che cambiano l’Italia - ha messo in chiaro - non quelli che si mettono a mugugnare su chi cambia l’Italia".

Durante l’assemblea nazionale del Pd, Renzi ha tracciato una linea per chiarire a chi ha dubbi se rimanere, che il percorso delle riforme non è negoziabile. "Il Pd - ha detto - è il partito della nazione perché vuol bene all’Italia e non si rassegna alla politica che ha stuprato il Paese". Peccato che la cronaca giudiziaria degli ultimi giorni abbia messo a nudo proprio il malgoverno della sinistra: gli affari sporchi delle coop rosse, i contatti del clan di "Mafia Capitale" con il governo e la Giunta Marino, le mazzette per il Mose ad alti esponenti piddì. "Non tutti quelli che votano Pd sono onesti - si è limitato a dire - ma chi non è onesto non può camminare con noi". I disonesti, i tangentari, gli affaristi - a quanto pare - camminano di buon passo dietro al premier. Non gli passa manco per l'anticamera del cervello di staccarsi dal Nazareno. Quelli che, invece, vogliono andarsene sbattendo la porta, sono piuttosto i ribelli. Non per niente all'assemblea non si sono fatti nemmeno vedere.

"Non vado a farmi minacciare", ha messo in chiaro Massimo D'Alema. Altri grandi assenti sono stati Pierluigi Bersani ("per mal di schiena") e Rosi Bindi. Insomma, la vecchia guardia gli ha già voltato le spalle.

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