Pd, voglia di una nuova Margherita. E Prodi punta su Sala federatore

L'affermazione di Schlein a sinistra riapre i giochi nel partito. Gli ex dc al lavoro sulla ricostruzione di una "gamba moderata"

Pd, voglia di una nuova Margherita. E Prodi punta su Sala federatore
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Per capirsi, tra di loro, la chiamano «Margherita». Il nome floreale, appassito da tempo, che ai tempi dell'Ulivo prodiano indicava la gamba centrista della coalizione: fucina politica che raccoglieva gli ex Dc passati col centrosinistra, ma era arricchita da vari filoni culturali liberal-democratici, tanto da essere guidata da un ex radicale e verde come Francesco Rutelli. In alleanza, spesso competitiva, con gli ex Pci trasformati in Ds.

É curioso che proprio all'indomani della forte affermazione del Pd di Elly Schlein si ricominci a parlare di Margherita. Ma a dare il «la» alle danze è stato il padre nobile dell'Ulivo, Romano Prodi, ricordando che va bene festeggiare il 24%, ma poi bisogna vincere le elezioni politiche, e per farlo «va costruito quel che manca: un'autentica coalizione e una cultura di governo».

L'ex premier, racconta chi ci ha parlato in queste ore, è convinto che ora ci siano «due o tre anni» per lavorare ad una coalizione «di governo», e che - con un Pd spostato a sinistra dall'imprinting movimentista della sua leader e dal canale preferenziale con Avs, e un M5s in caduta che libera il «campo largo» da un equivoco di fondo - sia il momento di costruire la gamba centrista e riformista, sul modello «Margherita»: «Il voto è andato bene, ma adesso serve la politica», dice. E la sconfitta dei due esperimenti conflittuali di Iv e Azione, che però sommati hanno preso quanto Avs, fa sì che «ora le alternative di centro siano disponibili».

Come? Prodi ha già in mente un'ipotesi di «federatore» che si metta alla testa dell'impresa: un uomo «ben radicato al Nord», che possa parlare ai ceti produttivi, abbia cultura di governo e sappia costruire alleanze. Pensa al sindaco di Milano Beppe Sala.

Che, guarda caso, ieri è uscito allo scoperto sul tema: «Bisogna definire cos'è il centro e chi sono gli interpreti. Serve qualcosa che allarghi la coalizione. Uno spazio politico che sia però radicato nel centrosinistra, con una scelta di campo precisa, senza opportunismi». Di più il sindaco non dice: è occupato a fare il suo lavoro, ricorda, e a preparare le Olimpiadi invernali con cui, nel 2026, spera di chiudere in bellezza il proprio mandato. Ma appunto: il tempo per lavorare al progetto c'è. E sulla necessità di una Margherita bis, che prenda il posto di un M5s ormai marginale e comunque poco affidabile ai fini del governo, sono d'accordo in molti, anche nel Pd: da Goffredo Bettini (che ha lanciato come possibile federatore proprio Francesco Rutelli) a Graziano Delrio, fino a Paolo Gentiloni. Che, chiusa l'esperienza di governo Ue, si vuol tenere fuori dalla mischia quotidiana e liquida con un sorriso le mille voci che lo candidano ai ruoli più diversi. «Paolo è una 'réserve de la République' di standing internazionale.

Ed è un uomo del Pd, che ha rotto con Rutelli e poi con Renzi quando ne sono usciti», dice chi lo frequenta. Nessun impegno diretto nè come alternativa a Schlein nè tanto meno come fautore di nuovi centri. Ma anche lui convinto che il centrosinistra debba costruire «un'offerta più articolata» per competere per il governo. Matteo Renzi apre: «Io sono pronto a fare un passo di lato, e non ho preclusioni: Rutelli, Carfagna, Sala. L'importante è che si costruisca una casa comune su un terreno, quello del centro, che ha dimostrato di esistere».

Se anche il suo competitor Carlo Calenda metterà il proprio patrimonio elettorale a disposizione del progetto, i giochi potranno iniziare. E Elly? «Se è intelligente - dice uno dei fautori dell'impresa - capirà che le conviene. Altrimenti finirà come l'Occhetto della gioiosa macchina da guerra».

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