Un uno-due quasi da pugilato. Nel giro di ventiquattr'ore la Procura di Pavia assesta un doppio colpo al grumo di potere che nel corso degli anni si era installato negli uffici giudiziari della città. Martedì viene chiusa l'inchiesta «Clean», che vede indagati - insieme a politici, amministratori pubblici e imprenditori - anche due carabinieri molto noti all'interno della Procura. E ieri per i due militari - uno dei quali congedato da pochi mesi - scattano gli arresti per una nuova serie di accuse. Il maresciallo Antonio Scoppetta finisce in carcere, il capitano Maurizio Pappalardo agli arresti domiciliari. Sono accusati di corruzione per una lunga serie di scambi di favori avvenuti nel corso degli anni, e che avevano ad oggetto le inchieste giudiziarie addomesticate» all'interno della Procura pavese.
Nell'ordinanza di custodia compaiono altri due reati, apparentemente marginali, ma utili a rendere il contesto in cui i due si muovevano. Una è l'accusa di atti persecutori», ovvero di stalking, per il trattamento riservato da maresciallo e capitano - con la collaborazione in alcune occasioni anche di altri militari dell'Arma - alla ex compagna dell'ufficiale. La seconda, a carico solo del capitano, è di esercizio abusivo della professione medica: per ingraziarsi il maresciallo e sdebitarsi delle sue «soffiate», Pappalardo gli avrebbe ripetutamente fatto arrivare senza ricetta medica robuste forniture di Viagra.
A venire colpito è un circuito di cui a Pavia si parlava da tempo, e che è finito nel mirino delle indagini solo dopo che a dirigere la Procura è arrivato da Milano il nuovo capo, Fabio Napoleone. L'indagine ruota intorno a un imprenditore di origine siciliana, Gianluca Di Bartolo, e sui suoi rapporti con la Asm, una azienda municipalizzata. A rendere politicamente delicata l'inchiesta, venuta alla luce con una serie di arresti nel novembre 2023, gli stretti rapporti di Di Bartolo con un ex astro nascente della politica locale, Angelo Ciocca, eurodeputato leghista fino nella scorsa legislatura, e non ricandidato nella primavera scorsa.
Da una indagata del filone principale l'inchiesta è arrivata a Scoppetta: e a quel punto è venuto fuori di tutto. Perché il maresciallo era da anni un punto fermo della sezione di polizia giudiziaria della Procura, l'investigatore di fiducia di uno dei pm di punta. Sono venuti alla luce i rapporti tra Scoppetta e Pappalardo, comandante del Nucleo Investigativo dell'Arma. Ed è emerso il potere con cui Scoppetta si muoveva all'interno della Procura, al punto di riuscire a orientare l'assegnazione al suo ufficio delle inchieste che stavano particolarmente a cuore a lui o al capitano Pappalardo. Alcune di queste inchieste erano sostanzialmente autoprodotte, perché nascevano da esposti anonimi di cui lo stesso maresciallo era l'autore. Come quella che aveva nel mirino la donna la cui unica colpa era avere piantato Pappalardo, e che per questo viene calunniata e pedinata, fino a quando il maresciallo si spinge a tagliarle le gomme dell'auto.
Gli arresti scattano ieri mattina, insieme a decine di perquisizioni in abitazioni e uffici. Nell'obiettivo dell'indagine ci sono anche le relazioni che i due carabinieri avevano tessuto con una azienda anch'essa ben nota a Palazzo di giustizia: la Esitel, una ditta specializzata nel realizzare intercettazioni per le forze di polizia, e che nel corso degli anni ha ottenuto numerosi appalti dalla Procura di Pavia. Dietro la Esitel ci sono i fratelli Cristiano e Raffaele D'Arena, figli di una «leggenda» dell'Arma, il luogotenente Agostino D'Arena, per decenni in servizio al Ros di Milano.
Tra le «utilità» che Scoppetta riceve dal capitano Pappalardo c'è anche la messa a disposizione di un automobile di proprietà della Esitel.Insieme all'ordinanza di custodia, la Procura ieri deposita centinaia di pagine di allegati. Dentro c'è forse la risposta alla domanda cruciale: come faceva il maresciallo Scoppetta ad avere tutto quel potere?
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