Pedro «el guapo» e Santiago «il nero» È la vittoria dei leader agli opposti

Il «franchista» Abascal non fa più paura e duplica i suoi seggi

Madrid E alla fine sono soltanto loro due i vincitori. Uno con una vittoria ridimensionata, un po' come quella di re Pirro, l'altro con un successo strepitoso, se si pensa che un anno prima era del tutto sconosciuto alla politica spagnola.

Pedro Sánchez ha raccolto meno preferenze, ma ha vinto per la seconda volta di seguito in sette mesi, ma ora dovrà gestire la vittoria dei socialisti (PSOE) con più polso e decisioni, mettendolo su un esecutivo, invece di perdersi in infiniti colloqui con gli altri partiti, per poi dire che fa tutto da solo e viene castigato dal Congreso. Lui che come Matteo Renzi, era entrato a gamba tesa nella sede dei Socialisti di calle Ferraz a Madrid, annunciando il via alla campagna di rottamazione. Via l'ex premier Zapatero, nemmeno come consigliere. Via il suo delfino, l'incartapecorito Rubalcaba. Aria nuova, nuova linfa, giovane, grintosa. E anche un bell'aspetto, il Cary Grant della politica europea, che male non fa. E con gli spagnoli è stato amore subito.

Mentre la destra franava tra vecchi casi di corruzione e il leader Mariano Rajoy era morso al collo dalle correnti più estremiste del Partito Popolare, Pedro «el guapo», si ritrovava tra le mani la poltrona di Presidente del Consiglio, senza nemmeno essere stato votato. Proprio come Renzi. Governa per soli sette mesi, l'esecutivo più breve nella storia spagnola, poi gli indipendentisti catalani gli fanno lo sgambetto, togliendogli la fiducia in Parlamento. Ma lui vince le elezioni del 28 aprile prendendosi oltre sei milioni di voti personali e vince, anche l'11 novembre. Ora dovrà dimostrare di sapere governare, affrontando la patata bollente della Catalogna e iniettando fiducia nell'economia di casa che sta rallentando. E, prima di tutto, deve formare, e in fretta, un esecutivo, con l'appoggio di Podemos, sicuramente, e di chi vorrà portare fieno al suo fienile. Basta che funzioni. Basta che duri. O la sua vittoria sarà l'ennesima barzelletta che si racconta nei bar spagnoli.

Non è, invece, uno scherzo il vero trionfatore. Lui viene dai Paesi Baschi, una terra splendida quanto misteriosa. Come Sánchez ha una lunga gavetta politica, ma anche un lignaggio famigliare solido con un nonno e un padre dirigenti del PP, minacciati dai terroristi dell'Eta.

Santiago Abascal, leader di Vox, il fascista, il franchista, non fa più paura agli spagnoli. Ha reso il suo partito la terza forza politica, erodendo voti sia a destra che a sinistra, schiacciando Podemos e Ciudadanos.

Ieri ha fatto una magia: ha più che duplicato quei 24 seggi di aprile a 56. Lui che sostiene soluzioni militari per la Catalogna, capace di inimicarsi con due parole il movimento femminista. I delusi del pantano politico l'hanno votato, perché Abascal, non fa più paura.

RPel

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