Il suo motto, in cucina e nella vita, è «malgamare». Proprio così, senza la «a», e senza molti altri ingredienti genuini. In compenso, nei piatti finiscono in grandi quantità glutammato, materie prime precotte e panna, fiumi di panna. Roba da far storcere il naso ai maestri dell'alta cucina (e anche a molti nutrizionisti). Invece chef Ruffi, a colpi di video-ricette che toglierebbero l'appetito pure a chi è a dieta, è diventato il personaggio dell'estate 2017. E più una portata ha un aspetto rivoltante, più chef Ruffi incassa like, migliaia di visualizzazioni e condivisioni sui social network. La sua vera identità è un mistero, quasi quanto il motivo di tanto successo. Nel Paese che esporta nel mondo il mangiar bene e che vanta una dozzina di programmi tv contemporaneamente in onda coi fornelli accesi, il «peggior cuoco della Rete» con i suoi classici storpiati fa discutere più del piccione firmato Carlo Cracco e su internet, in meno di un mese, ha generato più interazioni di Massimo Bottura.
Eccola spiegata, la fenomenologia del nuovo fenomeno gastronomico di Youtube: il set, spartano e ai limiti di un'operazione dei Nas, è quello della cucina di un ristorante italiano di terza categoria all'estero, probabilmente nel Regno Unito. Mestoli e cucchiai non vedono una lavastoviglie da parecchio e le padelle sono già incrostate in partenza. La voce di chef Ruffi, che indossa sempre guanti di lattice blu ma non si vede mai in volto, con inconfondibile accento campano accompagna passo per passo lo spettatore. C'è una buona dose di ironia, vero, eppure chef Ruffi sembra fare sul serio. Il suo ragù «espresso, mica possiamo farlo cuocere 4-5 ore...» a base di carne di manzo, vitello e pollo, cipolla, carota macinata e un non meglio precisato «pesto rosso», prende forma (inquietante) in cinque minuti e trentadue secondi. Tutto per merito - si fa per dire - dell'aggiunta direttamente in padella di ketchup e concentrato di pomodoro. E come non citare la mestissima carbonara con pasta precotta e una quintalata di pepe nero, copiosa panna, «la versatile» (come la chiama lui), e l'uovo gettato lì intero badate bene a fine cottura. Oppure la cacio e pepe con le sottilette al posto del pecorino. Gli arancini senza riso. E poi c'è il «cervo al barolo», dalla friggitrice alla tavola in un minuto e dieci secondi netti. «Bellissimo e buonissimo», fidatevi. Chef Ruffi quando cucina non fa prigionieri: reinterpreta, diciamo così, le tradizioni culinarie italiche da nord a sud, quindi tra i capolavori violati finiscono pure il tiramisù e la pizza. Sul risultato finale meglio stendere un velo pietoso (di panna «versatile», ovviamente). Le reazioni dei follower - oltre 20mila, solo sulla sua pagina Facebook - davanti a tanti errori ed orrori, comunque, non sono univoche. Una buona parte di loro si rivolta disgustato, non perdona il sacrilegio ai danni delle intoccabili ricette regionali, e passa alle offese. Ma in molti gli sono grati per aver svelato «cosa succede davvero nelle cucine di tanti ristoranti» dalle tovaglie immacolate e dal retrobottega ben nascosto agli sguardi indiscreti.
Chef Ruffi intanto si gusta il suo quarto d'ora di celebrità, e pur sempre restando nell'anonimato, è riuscito a farsi intervistare addirittura dalla rivista Gamberorosso.it. E rivela: «Ho iniziato la mia carriera 17 anni fa, girando le cucine di mezzo mondo».
Il suo modello? Con faccia tosta rivendica orgoglioso: «Il grande Antonino Cannavacciuolo». Di sicuro si porta avanti con la cucina da... incubo. Ma a chi lo critica risponde, come nelle sue video-ricette cult: «Nessuno si è mai lamentato!». Nel dubbio, però, forse è meglio non assaggiare...
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