Sarà contento il pm Antonino Nastasi di ritrovarsi da solo col cerino in mano. Per cinque anni ha affiancato il suo capo Luca Turco nella caccia ai fondi neri di Matteo Renzi, lo ha aiutato a scavare senza riguardi nei conti, nelle chat, nei legami dell'ex premier e di buona parte della sua famiglia; è stato accanto a lui quando Turco e Renzi si accapigliavano in aula, ha subìto anche lui gli strali dell'ex premier. L'altro ieri arriva la batosta: tutti prosciolti, Renzi e i suoi dieci coimputati, senza neanche andare a processo. Ma stavolta, ad assorbire le conseguenze della botta e a decidere come andare avanti, Nastasi resta da solo.
Il suo capo Luca Turco da dopodomani va in pensione, esce di scena, toglie la toga. L'udienza preliminare per il caso Open è stato il suo ultimo giorno di lavoro e nei suoi piani doveva essere il canto del cigno, con Renzi spedito a processo, e il teorema accusatorio corroborato dalla decisione di un giudice. È andata diversamente, ma per Turco non è un guaio. «Ha maciullato la mia famiglia e non pagherà», si rammarica Renzi. Anzi, nella nuova veste di pensionato Turco potrà, se vorrà, parlare liberamente, farsi paladino di se stesso. E sostenere che Renzi in realtà era colpevole ma solo il divieto del Senato di utilizzare le sue chat lo ha salvato dal rinvio a giudizio.
È pur vero che se anche fosse rimasto in servizio, Turco non avrebbe rischiato granché. Nessun danno alla carriera, ormai arrivata al punto finale. Nessuna sanzione, visto che i pm sono liberi di sbagliare: a meno che non sbaglino in malafede, ma non è questo il caso, perché Turco era davvero, profondamente convinto che Open, la fondazione di Renzi, fosse un paravento per finanziamenti oscuri, e che per smascherarla qualunque asprezza fosse lecita. Ma neanche, e questo è un passaggio più misterioso, nessuna conseguenza disciplinare. Perché il procedimento d'accusa contro Turco e Nastasi per «grave violazione di legge determinata da ignoranza grave e inescusabile» annunciato dal ministro Carlo Nordio nell'agosto del 2023 non è mai nemmeno iniziato. Alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, secondo quanto il Giornale ha potuto verificare, il «caso Turco» non risulta mai pervenuto. O Nordio, davanti alle proteste dell'Anm sollevate dalla sua iniziativa, ha deciso di lasciar perdere: ma è una ipotesi poco probabile. O il procedimento si è perso per strada, nei quattro chilometri che separano il ministero dalla sede del Csm.
L'impeachment di Turco e del suo vice era stato deciso da Nordio dopo una lunga ispezione compiuta (anche su pressione di Renzi) negli uffici giudiziari fiorentini. La relazione degli ispettori era stata severa. E per Turco, oltre alla accusa di «negligenza inescusabile» il ministro aveva annunciato anche una incolpazione per «comportamenti abitualmente gravemente scorretti nei confronti delle parti o dei loro difensori», eco degli scontri in aula con Renzi.
Ora, dopo la sentenza di
proscioglimento di Renzi & C., è possibile che il fascicolo disciplinare riemerga da qualche parte. Ma senza più il nome di Turco, che da Natale è fuori dall'organico: e ad andarci di mezzo rischia di essere solo il povero Nastasi.
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