La variante più pericolosa che si aggira per il Paese non è né inglese né brasiliana, ma molto italiana. È la sindrome del «tocca prima a me». Perché dopo oltre un anno di chiusure, la saracinesca del vicino sembra sempre più sollevata. Spingono per riaprire subito i titolari di pizzerie e agriturismi, chef e balneari, proprio come albergatori e operatori del turismo. Il tempo sì che è tiranno, altro che dittatura sanitaria. La seconda primavera di fila sta volando via, l'estate incombe e stando alle premesse si preannuncia turbolenta come un autunno. A proposito, da novembre le uniche tinte con cui hanno che a fare i parrucchieri sono quelle delle zone rosse e arancioni, mentre i ristoratori sono stufi di aspettare i «ristori». I paradossi dell'Italia immobilizzata e impoverita dal Covid si incontrano e si scontrano in piazza, da Milano a Roma. Un esercito che chiede di ripartire, ma intanto marcia diviso. Un popolo che continua a pensare per «categoria», sfiancato dalle privazioni senza prospettiva, e si perde nelle invidie reciproche. Sequel del film già visto all'inizio della campagna vaccinale, quando ogni settore produttivo, mestiere o professione ha sgomitato per un'iniezione, a scapito di anziani e fragili. Qualcosa di simile accade adesso: il lockdown a oltranza annebbia il senso di comunità ed esaspera l'individualismo.
Argomenti buoni per un'analisi sociologica dell'Italia lasciataci in eredità dalla pandemia, eppure a milioni di cittadini interessa solo poter tornare a lavorare. Vogliono una data, un orizzonte su cui sovrapporre l'uscita dal tunnel. Assolutamente legittimo, anzi necessario. Ma al traguardo bisogna arrivarci un passo dietro l'altro. Il governo ha l'obbligo di indicare tempi e modi con chiarezza. Di certo, nessuno può più permettersi salti tripli. Nel vuoto. Se in questa fase si ragiona in nome di un «o tutti o nessuno», più probabile che si precipiti ancora nella seconda ipotesi. Per questo la riapertura a giugno degli stadi per gli Europei non dovrebbe essere vista dal mondo dello spettacolo come uno sgarro, ma come un segnale immediato di speranza (sostantivo femminile, non ministro...). Ogni tavolino di nuovo apparecchiato sul marciapiede dovrebbe essere la premessa di un domani senza divieti, e non l'ennesimo affronto a palestre e discoteche sigillate per decreto sine die.
Imprenditori,
commercianti e partite Iva: non è il momento di «mettersi in proprio». Siamo sulla stessa barca, dicono. Conviene remare dalla stessa parte per raggiungere l'unica immunità di gregge possibile, quella che ci tutela dagli egoismi.
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