e sconfitte vanno divise in tre categorie: tattiche, strategiche e culturali. Le prime due sono fisiologiche e a volte anche salutari, le terze invece mettono in discussione il senso e l'identità dell'esercito, e preludono in genere a una rotta e alla disfatta bellica. Nel momento in cui scriviamo, il tardo pomeriggio di ieri, e salvo auspicabili colpi di scena, quest'ultimo sembra il destino del centro-destra sul Quirinale. Era in maggioranza, relativa ma non assoluta, d'accordo, ma è parso fin dall'inizio un esercito confuso e sbandato. Il peccato originale è stato probabilmente quello di aver ceduto subito sulla candidatura di Berlusconi: classico caso, come scrive Sun Tzu, di «guerrieri sconfitti che vanno in guerra e poi cercano di vincere». E quasi mai ci riescono, in effetti. A questo punto, una squadra assennata dovrebbe cercare il pareggio. Ha di fronte una rosa di nomi: che tra ex presidenti del consiglio dell'Ulivo, ex membri della Consulta, capi dei servizi segreti, presidenti del consiglio in carica, dovrebbero risultare irricevibile, per ragioni politiche ma soprattutto culturali. Nel berlusconismo infatti è sempre stata centrale l'idea della incarnazione del potere del leader attraverso il voto, quanto a Lega e a Fdi, in teoria dovrebbero essere sovranisti. E si chiede loro di far diventare presidente chi non è si è mai sottoposto al «lavacro» popolare? Per carità, scelta degnissima e condivisibile, cosi come di alto livello sono i nomi di cui si parla, ma assolutamente in contraddizione con chi ogni tre per due evoca il «popolo sovrano». Del resto, ricordiamo che tra tutti i capi di stato, l'unico «extraparlamentare», per cosi dire, fu Ciampi, che tuttavia era stato presidente del Consiglio e ministro. Nella rosa sottoposta al centrodestra, e a ragionar da «sovranisti», ci sarebbe un solo nome secondo noi da votare: quello di Pier Ferdinando Casini. Che in parlamento è da tempo immemore: bene, vuol dire che è sempre stato votato dagli italiani. Che è stata fondatore del centrodestra nel 1994 e poi suo importante esponente fino al 2008. Volta gabbana? Non diremmo: appunto nel 2008, con il centrodestra ultra vincitore, decise di restare all'opposizione. Inoltre, culturalmente, egli incarna la tradizione moderata, liberale, cattolico popolare, della Dc, quella di tantissimi elettori che, rimasti orfani di quel partito si trasferirono su Forza Italia.
È stato eletto con il Pd? E quindi? Infine, tra tanti piccoli Bonaparte, più o meno tecnocratici, che si agitano, Casini è una garanzia di democrazia e di correttezza. È vero che gli Dei accecano chi vuole perdere ma se v'è ancora un barlume di senso comune, sarebbe questa la strada da percorrere.
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