Giuseppe Conte era presidente del Consiglio quando, negli Stati Uniti ma anche nell'intero contesto internazionale, non si faceva altro che parlare del cosiddetto "Russiagate", pure in funzione di un possibile ruolo (lo sostenevano alcuni trumpiani) svolto dai Dem italiani (la tesi del "complotto" ordito dai progressisti a stelle e strisce, passando anche dalla collaborazione di esponenti di casa nostra).
Ma le cose raccontate ai tempi dal capo grillino sembrano, a distanza di tempo, non corrispondere a pieno con la realtà dei fatti.
Come ha spiegato questa mattina su La Stampa Jacopo Iacoboni, è possibile annoverare almeno tre elementi, tra quelli raccontati dal vertice pentastellato ai tempi, che è possibile sciorinare adesso, in seguito all'emersione di alcune notizie, compresa quella sulla cena in piazza delle Coppelle tra l'ex capo del Dipartimento della Giustizia statunitense William Barr e l'ex numero uno del Dis Gennaro Vecchione.
Risulta utile circoscrivere anche le tempistiche: la cena Barr-Vecchione risale all'agosto del 2019, mente il parlato di Conte all'ottobre dello stesso anno. Ma quali sono queste questioni su cui il capo grillino non avrebbe raccontato tutto?
Anzitutto l'appuntamento conviviale in questione: Giuseppe Conte, che è stato audito in merito al Russiagate anche dal Copasir, non ha mai citato (almeno non in pubblico) l'incontro tra l'esponente americano e quello italiano in pieno centro di Roma. Stando alle ricostruzioni e alla prassi, l'autorizzazione per un summit di quella tipologia sarebbe spettata proprio dall'ex inquilino di Palazzo Chigi. Come viene specificato nell'articolo citato, l'avvocato originario di Volturara Appula si era limitato, per mezzo di un punto stampa, a rivelare l'esistenza di un incontro che sarebbe avvenuto a piazza Dante.
Poi c'è il secondo elemento: quello secondo cui l'ex capo di Dipartimento degli Stati Uniti si sarebbe recato nel Belpaese "per motivi personali". Un'altra affermazione dell'ex premier che oggi può essere rivisitata. In realtà, infatti, sembrerebbe che William Barr fosse in Italia proprio per comprendere l'eventuale sussistenza di informazioni relative al Russiagate.
Attenzione: non sono gli "anticontiani" a sostenerlo ma lo stesso Barr in un'opera libraria che è stata pubblicata poco fa (One Damn Thing After Another: Memoirs of an Attorney General). Ma l'ex "avvocato degli italiani", sempre per mezzo della conferenza stampa successiva alla audizione al Copasir, non ha specificato la motivazione alla base della presenza del "ministro" Usa nella capitale italiana.
Il terzo appunto che viene fatto da La Stampa riguarda uno dei virgolettati che l'ex premier giallorosso e gialloverde ha pronunciato dinanzi ai giornalisti: "Il
presidente Trump non mi ha mai parlato di questa inchiesta", aveva fatto presente "Giuseppi" all'epoca. Rispetto a quest'ultima circostanza, non risulterebbe chiaro a quale "inchiesta" Conte si stesse riferendo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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