"Pericolosa cultura anti-impresa In gioco migliaia di occupati"

Il vicepresidente di Federmeccanica: «Gli imprenditori del Nord sono sconcertati. Dal governo scelte senza logica»

"Pericolosa cultura anti-impresa In gioco migliaia di occupati"

«Non abbiamo perso la speranza che il governo ci faccia vedere qualcosa di concreto. Aspettiamo il maxi-emendamento alla manovra con fiducia, nonostante tutto. Ma l'impressione è che si stia alimentando una pericolosa cultura anti-impresa. Per questo scendiamo in piazza, più che per il singolo provvedimento sbagliato». Federico Visentin è presidente e ad di Mevis spa di Rosà (Vicenza), specializzata in tecnologie metalliche. Conosce molto bene le istanze degli industriali, ricoprendo dal 2013 l'incarico di vicepresidente in Federmeccanica.

C'è una questione settentrionale aperta con l'esecutivo gialloverde?

«Non farei un discorso Nord-Sud. Certamente, una fetta rilevante di imprenditori che operano in una determinata area sono sconcertati: forze politiche, la Lega in particolare, che solo pochi mesi fa sono state ampiamente sostenute non stanno facendo granché per il rilancio del Paese. Continuano a rimpallarsi le responsabilità, a litigare e a perdere tempo».

Invece gli imprenditori chiedono di fare presto.

«Al Cuoa Business School di Altavilla Vicentina, che presiedo, abbiamo appena presentato una ricerca sullo stato di salute di circa 550 imprese manifatturiere del Nord. Uno degli aspetti fondamentali è che tra i fattori che più influenzeranno il futuro dell'attività non c'è l'allarme spread, piuttosto le scelte economiche e politiche».

Nel dettaglio?

«Il taglio del cuneo fiscale, innanzitutto, chiesto dall'86% degli imprenditori. Come preoccupa il ritardo o addirittura il blocco di infrastrutture e alta velocità, o gli scarsi investimenti nelle infrastrutture digitali».

Cos'altro c'è nella (vera) lista delle cose fatte e non fatte dal governo?

«Un fattore chiave per lo sviluppo sono le misure che possono aiutare a far rendere gli investimenti in trasformazione economica e digitale. Al primo posto, secondo le imprese, c'è il credito d'imposta per la formazione 4.0, seguito dalla possibilità di rinnovare contratti a termine senza indicare la causa».

Il contrario di quanto previsto dal decreto Dignità.

«Sul dl Dignità abbiamo fatto presente il rischio di perdere il 30% degli occupati. Le prospettive di crescita sono negative, non si tratta di fare gli uccelli del malaugurio, ma nemmeno possiamo permetterci di imbrigliarci sulle assunzioni».

La riforma di «Quota 100» potrà servire anche a liberare nuovi posti di lavoro?

«È tutto da vedere. Gli imprenditori, intanto, non la vedono così: solo il 32% crede che l'anticipo pensionistico possa avere ripercussioni positive sull'occupazione. Parliamo di un settore, quello dell'industria 4.0, in cui l'esperienza di un profilo senior spesso è più richiesta di un giovane alle prime armi».

Quanto è importante oggi far sentire la propria voce?

«Industriali e imprenditori non sono abituati a lamentarsi, risolvono i problemi lavorando. Oggi stanno riscoprendo il valore della protesta costruttiva».

E vi ascoltano?

«C'è stato qualche incontro chiarificatore, questo sì, ma purtroppo la maggioranza dei governanti cerca solo il consenso politico. E persevera con scelte che non hanno logica...».

Ad esempio, il reddito di cittadinanza?

«Incomprensibile. Cosa ci indebitiamo a fare, per una misura che non innesca alcun ciclo economico? Non è ripresa, è assistenzialismo».

Come si supera questa crisi infinita?

«L'imprenditore è ottimista per definizione. Nella nostra indagine abbiamo studiato imprese Made in Italy che negli ultimi 10 anni non solo hanno mantenuto la loro posizione, ma oltre il 40% ha raddoppiato il fatturato.

Abbiamo già superato due crisi durissime, grazie a investimenti e innovazione. E ora davanti agli occhi abbiamo una terza. In gioco ci sono partite Iva che saltano e migliaia di posti di lavoro. Il tempo delle parole è scaduto».

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