Più casi di varianti, più dosi. Il piano: produrre in Italia

Dirottare vaccini nelle zone rosse e usare le scorte. Siglato l'accordo: pronti 35mila medici di base

Più casi di varianti, più dosi. Il piano: produrre in Italia

Dirottare le dosi in arrivo nelle zone rosse a prevalenza di variante inglese. E ridurre le scorte per allargare la platea dei vaccinati con la prima dose. Puntare alla produzione dei vaccini in casa nostra anche se su tempi più lunghi. Sono molte le strategie che si stanno valutando per velocizzare la campagna di profilassi anti Covid alla luce dei ritardi nelle forniture delle fiale. È stato anche siglato un accordo nazionale di massima con i medici di famiglia. Con le primule definitivamente accantonate si fanno i conti con le strutture esistenti adattabili ad hub per la vaccinazione: caserme, parcheggi dei centri commerciali, ambulatori e cliniche private.

Ma la questione che oggi sarà al primo punto dell'agenda del consiglio dei ministri convocato dal premier, Mario Draghi, resta quella della disponibilità delle dosi. Ieri Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanita ha confermato le scadenze delle consegne. «La limitante di questa prima fase é stato il numero di dosi che sono state rese disponibili.- ha detto Locatelli- Ne abbiamo avute 4 milioni e 700 mila, ne abbiamo usate circa tre quarti rispetto ai 6 milioni indicati inizialmente, altre 7 milioni e 700 mila sono attese a marzo». Dunque «13 milioni di dosi entro fine marzo». Per ora di fatto si resta al calendario redatto dal commissario all'emergenza, Domenico Arcuri, che aveva annunciato 7 milioni di persone vaccinate entro il primo trimestre. Tutti i vaccini in gioco richiedono doppia dose. Locatelli ha ricordato che «per numero di dosi somministrate e popolazione siamo il secondo paese in Ue dopo la Germania, primo per popolazione vaccinata con doppia dose». Certamente però nulla a che vedere con i 17 milioni di dosi già somministrate nel Regno Unito. Locatelli ha anche ribadito la necessità di restare nel solco dell'Europa per l'acquisto dei vaccini accennando al rischio truffe. «Immagino che i nostri servizi di Intelligence possano dare un contributo non irrilevante e fare tutti gli approfondimenti» osserva lo scienziato.

Con la variante inglese che di fatto promette di spingere verso una terza ondata dall'Umbria, duramente colpita dalla mutazione più contagiosa, arriva la richiesta di rivedere i criteri di distribuzione potenziando le forniture per le aree più colpite. Le zone rosse, è scritto nell'appello rivolto al ministro della Salute, Roberto Speranza, «non possono essere rifornite di vaccini con il criterio di proporzionalità con la popolazione, ma devono avere maggiori forniture in grado di spegnere l'incendio in atto ed evitare che il virus si propaghi verso altri territori». Una richiesta motivata dall'impennata dei contagi che ha anche indotto l'Umbria a ridurre dal 50 al 30 per cento la scorta del vaccino AstraZeneca per avviare «al più presto» la vaccinazione di tutto il personale scolastico e delle forze dell'ordine. Alla luce delle 12 settimane di intervallo prima del richiamo molte regioni stanno pensando di adottare la stessa strategia.

Sono almeno 35mila sui 50mila attivi in Italia i medici di famiglia disponibili a prendere parte alla campagna vaccinale. L'accordo tra governo, regioni e sindacati medici è soltanto una cornice anche perché molte regioni hanno già chiuso accordi locali.

Si prevede la vaccinazione di circa 5 milioni di italiani con un compenso di 12 euro a immunizzazione completa con un finanziamento da parte dello Stato di 60 milioni di euro. Se arrivassero più dosi, dice il presidente della Società italiana di medicina generale, Claudio Cricelli, si potrebbero somministrare «16 milioni di dosi in sei settimane».

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