Un piano di austerità che non si occupa di crescita

Quello di Tsipras è un programma di rigore e non di sviluppo. E senza un buon aumento del Pil, la Grecia, con un debito pubblico del 177% e una riduzione del suo Pil del 25% rispetto al 2007, rischia di rimanere boccheggiante

Un piano di austerità che non si occupa di crescita

Il piano che Tsipras sottopone all'Europa e al Fondo Monetario è molto simile, salvo qualche attenuazione, a quello bocciato a grande maggioranza dai greci nel referendum. Ma il piano è gradito ai mercati, piace al Fmi perché è gradito a Usa e, che non si possono permettere nuove turbolenze finanziarie. Il piano è anche gradito alla Francia perché è stato confezionato da economisti francesi.

Non piace ai tedeschi, che capiscono solo ora di essersi messi in un pasticcio, da cui è arduo uscire. I traguardi fiscali rimangono gli stessi, con un surplus nel bilancio primario (quello al netto degli interessi sul debito pubblico) che dovrebbe salire dall'1% quest'anno, al 2% nel 2016, al 3% nel 2017 e al 3,5% nel 2018, mediante tagli di spese e aumenti di imposte. In cambio la Grecia chiede un rifinanziamento maggiore di quello discusso prima: un prestito a tre anni di almeno 53,5 miliardi, mentre prima la Commissione europea si era impegnata a concedere 15,5 miliardi a novembre. Secondo le stime correnti la Grecia ha bisogno di 83 miliardi per essere solvibile. A questi 53 miliardi se ne aggiungerebbero 16 del Fmi mentre altri 17 potrebbero essere reperiti in altri modi. I 53 miliardi dovrebbero esser erogati dal MES, ossia il Meccanismo Europeo di Stabilità cui ciascuno dei paesi membri dell'euro contribuisce pro quota (l'Italia per il 17,5 e la Germania per il 25,5% e la Francia per il 20%). Non è detto che l'Europa accetti questo oneroso rifinanziamento. Il programma greco potrebbe esser approvato senza di esso.

La parte fiscale è pesante, ma un po' meno di prima. La tassazione delle società passa dal 26 al 28%. L'Iva avrebbe un'aliquota generalizzata del 23% come prima, che includerà anche i ristoranti. Ci sarebbe l'aliquota ridotta del 13% solo per gli alimentari di base, l'acqua, l'energia e gli hotel. Al 6% solo farmaci, libri, teatri. La differenza rispetto alla proposta bocciata nel referendum riguarda la dilazione per l'aumento Iva per le Isole alla fine del 2016 e una eccezione per quelle remote. Questo aumento dovrebbe dare un gettito dello 1% del Pil: sempre che il Pil del turismo non si riduca o non aumenti l'evasione. Verrà aumentata l'imposta sul lusso per le imbarcazioni da diporto dal 10 al 13% così come nel progetto bocciato con referendum. Ma in aggiunta l'imposta che sino ad ora si applica alle imbarcazioni superiori a 10 metri, verrà applicata anche a quelle con almeno 5 metri. Verranno messe all'asta parecchie frequenze per reti tlc. D'altra parte il governo riduce le spese militari di soli 100 milioni quest'anno e 200 nel 2016 mentre la Commissione europea chiedeva un taglio di 400 subito. II programma di riduzione di spesa pubblica più sostanzioso riguarda le pensioni ed è identico a quello bocciato nel referendum. Esso si basa su forti disincentivi alle pensioni anticipate e sull'aumento, dal 2015 al 2022, dell'età di pensione a 67 anni anziché 65 o 40 anni di contributi, con riduzioni a 62 per le donne ed alcune eccezioni. Inoltre dovrebbero esser eliminati i regimi speciali. È chiaro che queste misure sulle pensioni sono sensate ma esse non creano di per sé alcuna crescita, mentre generano una minor disponibilità di posti di lavoro per le nuove leve.

Questo programma, dunque, è un programma di rigore e non di sviluppo. E senza un buon aumento del Pil, la Grecia, con un debito pubblico del 177% e una riduzione del suo Pil del 25% rispetto al 2007, rischia di rimanere boccheggiante.

C'è, fortunatamente, nel piano di Atene, accanto alla liberalizzazione televisiva e telefonica, un esteso programma di privatizzazioni: il porto del Pireo, di Salonicco e di altri porti e aeroporti e imprese pubbliche.

Questa Europa burocratica non sa varare piani positivi di sviluppo. In compenso c'è un grande piano cinese per il Pireo. La Grecia si deve globalizzare, per uscire dal dirigismo e dal provincialismo. Euro o non euro.

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