«La tregua non fermi la resistenza». Mentre Israele è impegnata in un delicatissimo cessate il fuoco per liberare gli ostaggi del 7 ottobre, nelle città italiane tornano in piazza giovani palestinesi ed estrema sinistra. E «scavalcano» Hamas nell'oltranzismo.
A Roma si vedono bandiere palestinesi, del Libano e anche di Hezbollah. E gli slogan sono i soliti. «Intifada fino alla vittoria». E «Palestina libera. Dal fiume fino al mare» vanno per la maggiore. Altro che pacifisti:
A Milano il corteo parte da piazzale Loreto e non è nutritissimo ma i toni sì, sono eccitati: «Abbiamo bisogno che la rabbia si faccia sentire ora» urlano al megafono. L'idea è illustrata così: «La rivoluzione della Palestina passa dalla consapevolezza delle masse nel cuore dell'impero», cioè in Occidente. Uno dei relatori urla che l'unica democrazia rimasta in Europa coincide con queste piazze, e in queste piazze - a giudicare dai discorsi gridati al microfoni - più che alla pace si punta alla «vittoria», cioè all'annientamento dello Stato ebraico. D'altra parte lo striscione parla chiaro: «Gloria alla resistenza fino alla Liberazione». Dal fiume al mare, insomma. Israele non è previsto. «La resistenza va avanti, i combattenti continuano ad arruolarsi» dunque, si sente dire. Altro che tregua, insomma. «Viva la resistenza dei combattenti palestinesi usciti sulla scena con le armi sequestrate all'esercito di Israele, a quei vigliacchi» si sente delirare al megafono a qualcuno che si riferisce all'orrenda «scena» del rilascio degli ostaggi, provati e terrorizzati dopo 15 mesi di prigionia iniziati il 7 ottobre, giorno del massacro che - per questi gruppi, arabi o di sinistra - è un giorno di «gloria».
Il tutto alla vigilia della Giornata della memoria che - questa la tesi - andrebbe «aggiornata», come si legge nel volantino per il corteo di Roma. «Il genocidio è ora» dicono in piazza. Quindi la memoria dell'antisemitismo assassino è due volte cancellata: quella del 7 ottobre e quella dei campi di sterminio. «Usano la Shoah come pretesto per legittimare il progetto coloniale» l'attacco inaudito.
E se questa è la linea su cui si ritrovano nelle piazze i gruppi oltranzisti della sinistra e del mondo arabo-islamico, la sinistra ufficiale con le sue organizzazioni e i suoi volti simbolo ha la seria responsabilità di non averli isolati, anzi avendoli spesso assecondati. Un caso sono le sconsiderate parole usate a Massa da Moni Ovadia, che ha giustificato il 7 ottobre. Ma esempio lampante è anche l'uso della parola (malata) «genocidio». Ecco la polemica sull'Anpi scoppiata a Milano, dove Comunità e la Brigata ebraica hanno disertato un evento organizzato dall'Associazione dei partigiani comunisti, ormai in preda a una deriva settaria.
Sulla questione interviene ancora Davide Romano, direttore del Museo della brigata ebraica, già assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Milano: «Dalle polemiche sul Giorno della Memoria (partecipare, non partecipare) - dice - se ne esce in un solo modo: aggiornandolo. Deve diventare il Giorno della memoria e degli antisemitismi, che dovrà comprendere anche quelli di sinistra e religiosi».
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