Giorgia Meloni ha ieri misurato il suo consenso con il partito del Pil. Ed le è andata bene. Applausi convinti dalla platea più rappresentativa dell'industria italiana, quella che in Assolombarda riunisce gli industriali di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia, e che vale il 20% del Pil. A cui è stato riconosciuto il merito di questo nuovo «piccolo miracolo italiano». Applausi senza ovazioni, va detto, ancorché queste restano merce rara da queste parti, difficilmente dispensate alla politica.
Questo spaccato del Nord, solo 8 mesi fa, ha staccato a favore dei «Fratelli d'Italia con Giorgia Meloni» un voucher elettorale in bianco alle ultime elezioni politiche. Una lista che da queste parti viaggiava sotto al 4%, del tutto ancillare alla Lega e prima ancora a Forza Italia, il 25 settembre del 2022 aveva fatto un balzo straordinario. Basti ricordare che nella circoscrizione Lombardia 1, che corrisponde a gran parte del territorio di Assolombarda, nel calcolo proporzionale per la Camera Fdi ha sfiorato il 25% contro il 3,96% che aveva raccolto nel 2018. Allo stesso tempo la Lega di Salvini ha dovuto incassare il crollo dal 22 al 9,9% e Forza Italia ha quasi dimezzato i consensi dal 14,25 al 7,4%. Questa alluvione di voti per un partito vissuto per lo più come un'evoluzione della destra sociale e, come tale, più adatto a piacere al Sud che nella Città metropolitana di Milano, è stata una scommessa su di lei, su Giorgia. E ieri Giorgia si è materializzata. Preparando un discorso privo di passaggi o annunci clamorosi, ma attraversato da un fil rouge che ha convinto molti presenti che il credito concesso a questo nuovo centra destra potrebbe rivelarsi un investimento redditizio.
Al centro della questione, l'Europa. Di fronte a una platea europeista e ancorata da sempre alla moneta unica, che per anni ha convissuto con la contraddizione delle spinte centrifughe che Salvini distribuiva periodicamente, Meloni ha mostrato un nuovo passo. «È giusto fissare gli obiettivi comuni. Ma non può ritenersi che noi - ha detto la premier - per avviare la transizione ecologica possiamo smantellare la nostra economia e le nostre imprese. La transizione ecologica e la sostenibilità ambientale devono camminare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica». È un approccio all'Europa che unisce invece di dividere e che trova d'accordo grandi imprenditori non certo noti per la loro vicinanza alla destra, come Bombassei o Marcegaglia. Segno di una posizione laica. E realistica, come lo sono gli industriali del nord. Da andarsi a giocare a Bruxelles dove, dice la premier «hanno scoperto che la sovranità (sui chip o sulle materie prime, ndr), non è una tendenza della destra».
Il tutto dall'alto di una situazione congiunturale interna che permette al Paese di farsi sentire: «L'Italia - ha detto Meloni - ha mostrato una ripresa post-Covid che ci consegna una economia in crescita oltre le aspettative, con la stima di una previsione al rialzo a +1,2% nel 2023, superiore alla media Ue e alle principali economie continentali, 0,7% per la Francia, 0,2 quando va bene per la Germania: stiamo dimostrando una affidabilità maggiore rispetto al resto dell'eurozona». Il piccolo miracolo italiano.
Piace, infine, il cambio di «narrazione» del mondo imprenditoriale, come dice il presidente di Confindustria Carlo Bonomi dopo che la premier ha definito dal palco
«inspiegabile» la «tendenza a sminuire il portato dell'industria italiana» che avrebbe da insegnare più che da imparare, dalle «realtà esterne ai confini nazionali». Che invece spesso vengono prese a punto di riferimento.
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