Cinquanta miliardi di euro di nuovi aiuti europei per l'Ucraina fino alla fine del 2027. Approvati già in mattinata, all'inizio di un vertice Ue che minacciava di essere complicato per via del solito ostruzionismo di Viktor Orbàn, che già aveva bloccato col suo veto, a dicembre, la procedura del cruciale finanziamento. Un buon giorno per l'Europa, ha commentato soddisfatta la presidente della Commissione Ursula von der Leyen: ed è un fatto che almeno per quanto riguarda il finanziamento delle necessità civili, come il pagamento di stipendi pubblici reso arduo dal crollo delle entrate fiscali, o di lavori essenziali l'Europa fa la sua parte. E stavolta l'ha fatta all'unanimità: il premier ungherese non si è messo di traverso, anche se è certo che lo avrebbe fatto volentieri ed è probabile che abbia ricevuto sottobanco qualche contropartita.
Meno del previsto, però. Von der Leyen ha chiarito che Budapest non ha ottenuto rassicurazioni sullo sblocco per i 20 miliardi di fondi a essa destinati e congelati da Bruxelles soprattutto per il meccanismo di condizionalità dello stato di diritto. L'altra principale pretesa di Orbàn, ossia che il tema degli aiuti europei a Kiev andasse in futuro ridiscusso anno per anno, è stata respinta, e questa è da una parte una garanzia di continuità del sostegno, dall'altra un segno di debolezza del premier filorusso di Budapest, che in questo Consiglio Europeo ha dovuto prendere atto che l'annunciata volontà di tanti leader Ue (tra gli ultimi, il polacco Donald Tusk, che aveva definito l'ostruzionismo ungherese «una minaccia alla nostra sicurezza») di trovare comunque un modo di finanziare l'Ucraina era reale. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva anticipato che avrebbe fatto «di tutto» affinché venisse approvato, anche senza l'apporto dell'Ungheria, un «ingente finanziamento» per le necessità di Kiev: e la pressione di Berlino, unita alla determinazione degli altri partner tra cui Giorgia Meloni, potrebbe essere stata determinante per far intendere che stavolta non era il caso di giocare carte sporche per favorire gli interessi del Cremlino. Nemmeno dal filorusso premier slovacco Robert Fico sono giunte sponde per le posizioni di Orbàn. Il quale se l'è cavata arrampicandosi sui vetri: «Missione compiuta ha detto dopo il vertice di Bruxelles -: i fondi ungheresi non finiranno in Ucraina e disponiamo di un meccanismo di controllo alla fine del primo e del secondo anno». In realtà, lUngheria non avrà diritto di veto, ci sarà solo un rapporto annuale sugli aiuti a Kiev, ma senza voto. L'annuncio dell'intesa per lo sblocco dei 50 miliardi è arrivato già all'inizio del Consiglio, quando Orbàn ha capito che gli altri 26 partner lo avrebbero messo all'angolo prima di passare a discutere di altri temi pressanti come la rivolta degli agricoltori che dilaga in Europa e la lotta all'immigrazione irregolare.
Von der Leyen ha parlato di «un messaggio molto forte per Putin, proprio alla vigilia del secondo anniversario della sua brutale invasione dell'Ucraina». Charles Michel, presidente del Consiglio Ue, ha salutato il carattere «costante, prevedibile e duraturo» del finanziamento, e ha promesso un'accelerazione nella consegna (in ritardo) delle munizioni europee a Kiev, che ne ha assoluta necessità ora che Mosca riceve proiettili nordcoreani e missili e droni dall'Iran. Nel ringraziare i leader Ue («Questa è l'Europa di cui abbiamo bisogno»), il presidente ucraino Zelensky (foto) ha chiesto anche «una priorità chiara per la nostra difesa: servono subito munizioni e 20 miliardi di euro spalmati su 4 anni».
La guerra in Ucraina, messa in secondo piano sui media da quella mediorientale, infatti continua: Kiev resiste nonostante il prosciugarsi degli aiuti americani imposto da Trump al suo partito e riesce a piazzare colpi dolorosi ai russi. L'ultimo, mercoledì notte, è stato l'affondamento della nave lanciamissili Ivanivets presso la costa della Crimea.
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