Di Pietro in Procura: "La mia vita è rovinata, vorrei tornare indietro"

Interrogatorio di garanzia per lo youtuber. Ora si attendono i risultati delle perizie

Di Pietro in Procura: "La mia vita è rovinata, vorrei tornare indietro"
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«Sono distrutto, la mia vita è rovinata, vorrei tornare indietro ma non è possibile. Sono vicino alla famiglia del piccolo Manuel». Matteo Di Pietro, 20 anni, si presenta in Procura, ieri mattina, per l'interrogatorio di garanzia. Visibilmente provato, entra nella stanza del gip assieme al suo legale, l'avvocato Antonella Benveduti.

Top secret su quanto raccontato in un'ora e mezza sul drammatico incidente di Casalpalocco, sulla velocità della Lamborghini che guidava da più di un giorno, sugli istanti prima che la Smart FourFour di Elena Uccello con i figli a bordo gli si parasse davanti all'altezza dell'incrocio maledetto. Quello fra via Macchia Saponara e via Archelao di Mileto dove la donna avrebbe svoltato tagliandogli la strada. «Matteo è fortemente provato per l'accaduto - spiega a Il Giornale l'avvocata Benveduti -. Ha risposto a tutte le domande, è stato collaborativo. È sconvolto per la morte del bimbo, non si dà pace. Ma non si sottrae alle sue responsabilità. Sul contenuto dell'interrogatorio non posso dire nulla. Attendiamo i risultati delle perizie sui dispositivi sequestrati e la consulenza tecnico cinetica disposta sui rottami delle auto. Si tratta di una tragedia per tutti, due famiglie sono distrutte».

Alta velocità, 124 chilometri orari nel momento dell'impatto quando il Suv era, però, già in decelerazione, riflessi ritardati dalla stanchezza che gli ha impedito di frenare, le cause principali del tragico incidente. Ma c'è dell'altro. Le action-cam in comodato d'uso al gruppo «The Borderline» scomparse e sulle quali non sarà possibile fare accertamenti, tanto per cominciare. Dove sono finite e, soprattutto, chi le ha fatte sparire approfittando del parapiglia dei soccorritori, concentrati nell'estrarre dalle lamiere la donna e i due fratellini? Elementi fondamentali alle indagini che, probabilmente, non si troveranno più, determinanti per chiarire molte questioni. Dal giorno prima, ovvero dall'inizio della sfida estrema (la challenge di 50 ore senza mai scendere dal suv), gli amici sulla supercar hanno paura. Più volte cercano di far rallentare Matteo. «Una guida troppo spericolata» mette a verbale uno. «Gli dicevamo tutti di andare più piano - spiega un altro - lui sapeva di essere ripreso ma non interagiva con le telecamere». Quelle inspiegabilmente sparite nel nulla. In attesa della relazione sugli smartphone dei 4 ragazzi, al pm e al gip basta la lettura della scatola nera del suv per confermare quanto raccontato da decine di residenti. Ovvero che quella Lamborghini blu elettrico sfrecciava a velocità folle giorno e notte per le stradine del quartiere residenziale. Noncurante delle altre auto, delle bici, dei passanti e degli attraversamenti pedonali, come quello di via Archelao da Mileto. O le tante zebre lungo via dei Pescatori, la parallela alla Colombo che unisce Ostia all'Axa e che Matteo Di Pietro ha percorso pochi secondi prima dell'impatto a 145 all'ora. In più di 30 ore nessuna pattuglia delle forze dell'ordine li ha fermati.

È un altro aspetto niente affatto secondario quello legato alla sicurezza del territorio e che mai come in questo caso dimostra le sue lacune.

«Li vedevamo sfrecciare come matti, abbiamo pensato che se non li fermavano avrebbero ammazzato qualcuno» raccontano i residenti accorsi sul posto della tragedia. Si attendono, inoltre, gli esami tossicologici di secondo livello per stabilire quando e quanta cannabis è stata assunta da Di Pietro. Concluse le indagini, i magistrati decideranno se rinviarlo a giudizio.

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