Antonio Di Pietro "ammanetta" il tribunale di Milano. "Quella è una Torre di Babele, una città nella città, non sono mai riuscito a girarla per bene e a conoscerla tutta... Ma proprio perchè è la super cittadella della giustizia doveva essere difesa e tutelata non solo formalmente e non solo dal giorno dopo, come avverrà da domani".
Intervistato da Repubblica, Di Pietro torna sulla strage nel palazzo di giustizia del capoluogo lombardo e mette il governo con le spalle al muro. Perché al tribunale di Milano è sin troppo chiaro che lo Stato ha abdicato i suoi doveri e ha smesso di proteggere i cittadini. "Sono tornato di recente - racconta l'ex pm di Mani Pulite - mi ha impressionato il via vai di persone, soprattutto nell’ingresso riservato in cui basta esibire un tesserino per entrare, in cui non ci sono controlli". Di Pietro spiega che basta "un tesserino della Esselunga" per riuscire a eludere la sicurezza. Poi accusa: "La logistica e l’organizzazione della sicurezza fa acqua. Qui stiamo parlando del palazzo in cui ci sono i processi più delicati e importanti d’Italia".
Ricordando i tempi di Tangentopoli, Di Pietro non nasconde le passate preoccupazioni. "Noi giravamo tutelati dalla scorta personale - racconta - ma quel 29 aprile del ’94, in pieno processo Enimont, fu trovata in aula una bomba a mano tipo Rscm.
La bomba era inerte, però fu messa lì per avvertire, anche se non per fare male, era un chiaro segnale contro le indagini su corruzione e mafia - conclude - già allora il palazzo era un colabrodo, era possibile entrare e lasciare una bomba".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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