La pista della dissidente "agganciata" da Kiev. Guerra di propaganda tra Russia e Ucraina

Trepova vicina ai movimenti di opposizione manovrati dai servizi di Zelensky. Ma dai due fronti versioni di comodo sulle fazioni anti-Cremlino e sul movimento di Navalny

La pista della dissidente "agganciata" da Kiev. Guerra di propaganda tra Russia e Ucraina

In attesa di una verità accertata la propaganda, di entrambe le parti, danza sul cadavere di Maksim Fomin, alias Vladlen Tatarsky, il blogger combattente fatto fuori domenica sera durante un incontro pubblico in un bar di San Pietroburgo. I portavoce del governo di Kiev fanno di tutto per smentire la responsabilità dei propri servizi segreti e per avvalorare la tesi, politicamente assai più redditizia, di un'eliminazione frutto dello scontro tra contrapposte fazioni radicali russe. Un tesi assai cara al consigliere di Zelensky Mykhailo Podolyak pronto a evocare i «ragni che si mangiano a vicenda dentro al barattolo». La tesi stenta però a convincere.

La vittima, spesso invitata al Cremlino, era in ottimi rapporti sia con il presidente Vladimir Putin, sia con i gruppi combattenti più radicali di cui sosteneva le buone ragioni rivolgendo aspre critiche al ministero della Difesa. Una vicinanza ricordata dal capo della Wagner Evgeny Prigozhin pronto ieri a dedicargli gli ultimi successi su quel fronte di Bakhmut dove i «musicisti» hanno issato il tricolore russo sul municipio della città. In tutto questo il governo russo sfrutta al meglio, invece, i sospetti legami tra la 26enne Daria Trepova arrestata con l'accusa di aver consegnato al «Comandante» Tatarsky la micidiale statuetta imbottita d'esplosivo. Un'imputata decisamente perfetta. Non solo perché è stata immortalata dalle telecamere di sorveglianza mentre allungava la trappola esplosiva alla vittima e se ne usciva tranquilla dal bar dopo l'esplosione, ma anche perché, scavando nei suoi legami familiari e nei suoi precedenti, saltano fuori ambigui legami con la formazione dell'oppositore russo Aleksei Navalny. Legami che secondo alcune versioni portano suo marito Dmitry Rylov riparato all'estero e descritto come «un disertore della mobilitazione parziale, appartenente al partito libertario, firmatario dell'appello per la liberazione di Navalny». Secondo altre fonti i rapporti con la formazione incastrano, invece, la stessa Daria già arrestata mentre partecipava a dimostrazioni contro la guerra. Comunque sia con l'arresto di Daria Trepova, filmata mentre confessa sospirando di esser stata proprio lei a consegnare la statuetta, Mosca prende due piccioni con una fava.

Da una parte mette sotto accusa gli uomini legati all'oppositore interno più famoso a livello internazionale. Dall'altra ipotizza un legame diretto tra l'opposizione interna e i servizi segreti di Kiev delegittimando, più di quanto già non lo fosse, il movimento di Navalny. Non a caso un comunicato del Comitato nazionale antiterrorismo (Nac) conferma ieri che «l'attacco terroristico al giornalista Vladlen Tatarsky è stato pianificato dai servizi di sicurezza ucraini e ha coinvolto agenti che collaborano con la cosiddetta Fondazione anticorruzione di Navalny, di cui la detenuta Trepova è un'attiva sostenitrice». Insomma bingo. Mentre si glissa su quella che il defunto Tatarsky avrebbe descritto come una «gravissima mancanza di sorveglianza» l'attentato viene usato per evidenziare la pericolosità di quanto resta del movimento di Navalny etichettandolo come un'organizzazione terroristica al servizio di Kiev. Una metamorfosi che riguarda forse qualche singolo elemento esasperato, ma difficilmente può esser estesa a un gruppo di oppositori decisi e determinati, ma fin qui estranei ad atti di violenza o terrorismo.

Molto più probabile è, invece, che Daria Trepova sia stata agganciata da qualche cellula di oppositori armati russi manovrati dai servizi segreti di Kiev.

Un'ipotesi tutt'altro che peregrina come ricordano l'attentato costato la vita alla figlia dell'ideologo Aleksandr Dugin, l'attacco al ponte di Kerch e l'incursione nella provincia di Bryansk messa a segno, ai primi di marzo, da una formazione di militanti russi anti-Putin armati e addestrati da Kiev.

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