Ad ascoltarlo c'è anche Federico Cafiero de Raho, oggi parlamentare 5 Stelle ma negli anni del dossieraggio accomodato proprio su quella poltrona. Giovanni Melillo, davanti alla Commissione Antimafia, non fa sconti a nessuno. Anzi, se possibile, dipinge un quadro ancora più oscuro: «Le condotte di Striano mi paiono difficilmente compatibili con la logica delle deviazioni individuali». Gli ottocento e passa accessi abusivi alle banche dati più riservate non sono per il Procuratore nazionale antimafia il frutto di un'azione estemporanea. C'era una regia occulta? C'era una struttura segreta che avvelenava i pozzi della democrazia italiana? Melillo (nella foto) parla come un professore e non si allarga ma manda segnali precisi: «Credo che ci siano molti elementi che confliggono con l'idea di un'azione concepita e organizzata da un singolo ufficiale ipoteticamente infedele». Quali sono questi elementi? Melillo non vuole dirlo, se non altro per correttezza istituzionale: il compito di dipanare la matassa tocca al procuratore di Perugia Raffaele Cantone e dunque l'illustre collega non vuole invadere il suo campo.
E però Melillo qualcosa aggiunge: «Uno dei punti centrali della procura di Perugia sarà comprendere la figura e il sistema di relazioni di Striano. È una mia personale valutazione. «Esiste un mercato di informazioni riservate. Si tratta di capire se è regolato da casualità e da un numero infinito di attori non collegati tra loro» aggiunge l'alto magistrato.
Insomma, Melillo non dà certezze ma si sbilancia. E certo le sue parole sono di fatto una critica serrata alla conduzione de Raho della Direzione nazionale antimafia. Un fatto è certo: quando Melillo prese il suo posto, nel giugno del 2022, trovò un quadro desolante. E corse ai ripari, cambiando molte cose nel giro di due mesi e facendo ruotare molte teste. Non sospettava nulla, ma si era accorto che il sistema era opaco, oltre a essere vetusto e a presentare tante, troppe vulnerabilità. «Fino al mio arrivo - spiega il magistrato - l'intera responsabilità dell'ufficio Sos (segnalazioni di operazioni sospette, ndr) era in carico a un solo sostituto e dal 2021 anche di un aggiunto». Insomma, Melillo non lo dice apertamente ma quel settore era una sorta di repubblica indipendente. Nelle mani di Striano e del magistrato Antonio Laudati, pure sotto indagine anche se per pochissimi episodi. Oggi, la situazione è diversa: «Ora abbiamo modificato alcuni aspetti. Ciò che è accaduto non sarebbe più possibile. O, in caso, ce ne accorgeremmo prontamente». E invece le incursioni e le prime pagine con relativi scoop di qualche quotidiano sono andate avanti per anni, come se nulla fosse. Incredibile. Ma questo è successo, anche se, sottolinea ancora Melillo - «i fatti accaduti sono estremamente gravi». Qualcosa stride rispetto alla lettura data, almeno fin qui, dalla procura di Perugia. Che non contesta la corruzione, non ha trovato prove di ricatti, non configura terzi livelli o cabine di regia di queste operazioni. Anzi, ha portato a galla pochissime storie davvero anomale e torbide, una in particolare: l'inchiesta pilotata - ma non del tutto campata per aria visti gli sviluppi romani - contro il presidente di Federcalcio Gabriele Gravina.
«Va sottolineata - lancia l'allarme il Procuratore nazionale antimafia - l'estrema debolezza delle nostre reti informatiche, soprattutto dell'amministrazione della giustizia». Oggi a Palazzo San Macuto arriverà proprio Cantone, poi nel pomeriggio i due riferiranno dubbi e sospetti al Copasir.
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