Colpevole ma non troppo. Roberto Speranza resta sulla graticola dopo l'intervista che il procuratore capo di Bergamo Antonio Chiappani ha concesso al Corriere della Sera. «Allo stato non ci sono elementi per alcuna contestazione nei confronti del ministro della Salute», ha detto Chiappani. Un chiarimento necessario dopo le indiscrezioni uscite dalla Procura di Bergamo (e dallo stesso Chiappani a Francesca Nava sul Domani) su possibili avvisi di garanzia pronti a partire per Roma. Ma i distinguo del procuratore non sono piaciuti affatto ai familiari delle vittime della Bergamasca in causa al tribunale civile di Roma, che negli ultimi 18 mesi hanno sommerso di documenti e prove i pm, fornendo più di un elemento decisivo per dimostrare come la gestione della primissima parte della pandemia sia stata «caotica e creativa», per non dire imbarazzante. Le scelte del governo di Giuseppe Conte, condivise non solo da Speranza ma dall'intero esecutivo a guida M5s-Pd-Leu, hanno causato dei morti? Alla perizia di Andrea Crisanti l'ardua sentenza. Stando ai calcoli del generale Paolo Lunelli, anch'egli consulente del team di legali guidato da Consuelo Locati, «anche se Alzano e Nembro fossero state chiuse una settimana prima (come sembrava dover essere, arrivarono persino i militari poi non se ne fece nulla, ndr) il numero dei morti evitabili sarebbe stato comunque alto». Di chi è la responsabilità penale? «La verità è che ci sono molte incongruenze che riguardano più versioni date da più soggetti», dice Chiappani, che evidentemente non ha (ancora) trovato la pistola fumante per istruire un accusa di epidemia colposa che possa reggere un processo a un intero esecutivo. Da qui la necessità di violare il riserbo che meriterebbe un'inchiesta così delicata. «Adesso ci sono valutazioni da fare e migliaia di documenti da verificare, comprese le trascrizioni dei messaggi scambiati». Come quelli tra Speranza e il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro sulle pressioni al numero uno Oms Hans Kluge perché ritirasse il report che inchiodava l'esecutivo, il Cts e i vertici del ministero della Sanità al mancato uso del piano pandemico, vetusto perché datato 2006 ma vigente (come conferma un parere legale) ma snobbato troppo frettolosamente. A domanda il procuratore risponde: «Il Piano andava applicato ma ogni valutazione riguarderà l'apparato tecnico della nostra sanità, non quello politico. Al Giornale il consulente dei legali Robert Lingard si sfoga: «Non attivare il piano pandemico non è una grande sottovalutazione. Dovrebbe essere reato. Non aggiornare il piano pandemico come richiesto dalla decisione 1082 del 2013 dell'Unione europe a non è una grande sottovalutazione. Dovrebbe essere reato.
Mandare autovalutazioni false agli organismi internazionali, due settimane prima dai primi casi di Alzano, non è una grande sottovalutazione. Dovrebbe essere reato». Chissà perché in Procura non ne sono ancora convinti.
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