Politici sconvolti, sgomento sui social. Il Cavaliere: "Equilibrato e affidabile"

Con il centrodestra fu segretario generale a Palazzo Chigi

Politici sconvolti, sgomento sui social. Il Cavaliere: "Equilibrato e affidabile"

Repentina, sorprendente, tragica, scioccante. Non manca mai il senso della sorpresa che paralizza in chi conosceva Antonio Catricalà, come calabrese, noto avvocato, giurista, esponente di governo, membro del Consiglio di Stato, presidente dell'Antitrust e dell'Oam, adesso degli Aeroporti di Roma e dell'Igi, un centro studi sugli appalti pubblici. Sul web è un susseguirsi di domande su come sia possibile che un uomo potente, di cui si era parlato come sottosegretario alla presidenza del governo Draghi, si sia dato la morte, si parla dell'insondabilità del cuore umano, dello scatto veloce di una pistola per sedare l'angoscia.

Il mistero della morte viene avvolto in un minuto di silenzio al Senato, chiesto da Elisabetta Casellati. Silvio Berlusconi, che dal 2001 al 2005 lo aveva avuto come segretario generale della presidenza del consiglio nel suo secondo governo, ricorda il grand commis che «in questa funzione si distinse non solo per l'efficienza, ma anche per l'equilibrio e la disponibilità», e ancora «la figura di servitore dello Stato, la profonda cultura giuridica, le grandi capacità di lavoro al servizio delle istituzioni, il tratto umano garbato e signorile». Catricalà era stato viceministro dello Sviluppo economico nel governo Letta, tra il 2013 e il 2014 e l'ex premier twitta con le mani giunte: «Rimango senza parole nell'apprendere la notizia della sua tragica scomparsa». La politica ricorda la sua «rara intelligenza» (Nicola Zingaretti), «la sapienza tecnica e l'acuta sensibilità politica» (Stefano Fassina), «la passione e il garbo» (Maria Elena Boschi). Coro unanime nei partiti.

Parla Maurizio Gasparri, che aveva con lui un rapporto di amicizia e consuetudine, lo sentiva molto spesso e gli aveva parlato al telefono appena il giorno prima: «Ho ancora qui un suo whatsapp di ieri (martedì scorso, ndr) in cui mi aiutava a risolvere un problema. Quando si parlava di un suo ingresso al governo lo escludeva, parlava dello studio. Era un fuoriclasse, un numero uno, un pozzo di scienza. Siamo sgomenti». Ricorda quando il centrodestra lo candidò alla Corte costituzionale e non fu eletto per dieci voti: «Di solito i nomi si ripropongono ma lui aveva uno stile tale per cui disse: "no, basta così". Fu un momento di svolta nella sua vita: tornò a fare l'avvocato.

Anche durante il governo Monti, da sottosegretario alla presidenza, la sua presenza fu un anello per conservare difficili equilibri». Pippo Marra, editore dell'Adnkronos, suo amico fraterno, è travolto: «Avrei potuto accorgermi di un suo qualche avviso silenzioso? Non saprò mai dare una risposta». Oggi lo piangono tutti.

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