«L'immigrazione sarà il grande tema globale dei prossimi dieci anni». Nel frattempo, con tre guerre che minacciano il mondo - Medioriente, Ucraina e Taiwan - è necessaria la massima allerta sugli «evil actors», i protagonisti malvagi della scena internazionale: «Cina, Russia e Iran, che lavorano insieme, condividono armi, tecnologie e proprietà intellettuale». Quanto alle elezioni di novembre negli Stati Uniti, «saranno molto competitive, ma Trump alla fine vincerà». Parola di Mike Pompeo, ex segretario di Stato americano, uomo della presidenza Trump, pronto al bis in caso di ritorno alla Casa Bianca del leader dei Repubblicani. In un'intervista con il vicedirettore del Giornale, Nicola Porro, nel corso dell'evento per i 50 anni del quotidiano, ieri all'hotel Portrait di Milano, l'ex capo della diplomazia Usa, ex direttore della Cia e oggi editorialista del giornale fondato da Indro Montanelli, ha affrontato tutte le grandi questioni internazionali più scottanti. A cominciare dai conflitti in corso e in vista, che sono «diversi a livello operativo e strategico, ma non a livello geostrategico». «Non bisogna commettere errori - avverte Pompeo - perché gli attori malvagi del mondo come Xi Jinping, Vladimir Putin e l'Iran lavorano insieme per cercare di distruggere gli interessi di nazioni come l'Italia e gli Stati Uniti».
Se il nuovo capo della Casa Bianca sarà Donald Trump, «come dicono i dati e come sembra anche a me, mentre giro per gli Stati Uniti - spiega il politico che ha tenuto le relazioni diplomatiche dell'amministrazione Trump dall'aprile 2018 al gennaio 2021 - non credo che cambierà molto rispetto al primo mandato» del leader repubblicano, «neanche per quel che riguarda le alleanze internazionali e i rapporti in seno alla Nato». Ma su una cosa è certo Pompeo: con il tycoon al potere le cose cambieranno in ambito commerciale. «Non solo con l'Europa, ma con l'Asia e con l'Africa. Trump farà in modo che il commercio avvenga su una base di maggiore reciprocità». Le elezioni presidenziali negli Usa si giocheranno in sei Stati chiave, conferma Pompeo, ma «The Donald» potrebbe arrivare al suo obiettivo anche perché, «nonostante il Pil sia in crescita negli Stati Uniti, i salari non hanno tenuto il passo dell'inflazione, che cresce su alcune voci base - il prezzo della benzina, l'elettricità per scaldare o raffreddare le case, i tassi di interesse sui mutui - e tutto ciò pesa sulla classe media. Gli americani hanno la sensazione di stare peggio». E negli Stati Uniti, come nel resto del mondo, c'è un grande tema che prenderà sempre più il sopravvento: l'immigrazione. «È una questione ormai sentita ovunque nel mondo e negli Usa», spiega Pompeo. «Le gente la vede crescere incontrollata ed è spaventata dal non sapere chi arriverà».
Quanto al presidente Joe Biden e al suo stato di salute, che lo ha trasformato in qualche caso in una barzelletta globale, alla domanda di Nicola Porro su quanto ci sia di vero sulla tenuta del capo della Casa Bianca, Pompeo analizza la situazione da ex uomo di Stato: «Non ho una reale conoscenza sul suo stato di salute, ma vedo che sta faticando a svolgere i compiti da Comandante in capo del paese più potente del mondo. Non dipende dall'età. Ci sono persone che a 90 anni sono in ottime condizioni e altre che a 65 anni non stanno bene. Dico solamente che in circa 36 mesi al potere, si è notato il deterioramento delle sue capacità».
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