Ponte sullo Stretto, pronti alla prima pietra

Per il governatore Schifani la "posa è vicina". Salvini fissa il traguardo: "Opera in nove anni"

Ponte sullo Stretto, pronti alla prima pietra
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Il Ponte ha preso la rincorsa. Decenni di chiacchiere e ora si prova a correre per recuperare il tempo perduto. L'altra sera il voto di fiducia della Camera sul decreto che rimette in moto il progetto, congelato l'ultima volta dal Governo Monti. Il Pd, che non ci crede, sposa la linea massimalista della sinistra radicale e dice no, ma il centrodestra, in questo caso a trazione salviniana, insiste e va avanti per la sua strada. La settimana prossima la partita si chiuderà anche al Senato, poi si lavorerà al progetto esecutivo. Il calendario è stringente. «Se tutto va bene - spiega il presidente della Regione Sicilia Renato Schifani ai microfoni di Sky Tg24 - ci sarà la posa della prima pietra». Possibile? Nell'Italia che tutto complica e allunga, pare un miraggio un simile tempismo. Ma c'è una sorta di trucco che rende plausibile un exploit del genere: «Il decreto ha resuscitato un vecchio appalto - prosegue Schifani - altrimenti si doveva fare la nuova gara e iniziare molto tardi. La ditta rinuncia ai danni chiesti ai tempi di Monti e ritorna all'appalto rivisitato, c'è l'istituto revisione prezzi, succede che si possano revisionare i prezzi in un appalto normale, figuriamoci in questo che si riprende dopo dieci anni».

Insomma, dopo il modello Genova per il Morandi, ecco il format Messina. Che sfrutta il vecchio mai realizzato per anticipare il futuro che altrimenti arriverebbe troppo tardi.

È una scommessa che molti accolgono con scetticismo, ma l'esecutivo e i partiti della maggioranza sono disposti a metterci la faccia. Salvini poi apparecchia il traguardo fra nove anni. Un tempo record che suscita l'ilarità di Fiorello: lo showman assicura che sfilerà nudo sul Ponte se il sogno diventerà realtà entro il 2032. Il Palazzo si divide e i progressisti gridano al bluff. «Non c' è traccia di questi soldi, è l'ennesima bandierina», spiega alle telecamere di Tagadà Simona Malpezzi, una delle voci più autorevoli del Pd. Ancora più tranchant Angelo Bonelli, numero uno dei Verdi: «Vogliono spendere 15 miliardi mentre in Sicilia non ci sono ferrovie, non ci sono acquedotti, non ci sono depuratori».

Salvini però è convinto di potercela fare e Schifani la pensa come lui: «Penso si debba arrivare intorno ai 15 miliardi ma non faremo i conti della serva». La filosofia di fondo è semplice: non cedere al partito del no che in Italia vince quasi tutte le elezioni e blocca le infrastrutture che pure sono necessarie. Il partito del fare ricorda l'Expo di Milano: intellettuali di diversa estrazione la consideravano una sciagura che avrebbe portato solo tangenti e cemento selvaggio in città. È andata in un altro modo e l'Expo ha favorito l'upgrade della metropoli, inserita nel circuito delle grandi città europee. Uno scenario che dovrebbe riproporsi fra una decina d'anni nel Meridione d'Italia, con un'impennata di turisti e viaggiatori pronti a percorrere la campata di 3300 con vista sulle torri alte 400 metri, felici di raggiungere in fretta una Sicilia finalmente vicina. «Questa è la volta giusta - assicura Schifani - per la Sicilia è un'opera fondamentale». La sinistra lancia profezie apocalittiche: sprechi, inefficienze, costi spropositati e insostenibili. Chissà. Ma il Presidente della Regione gioca anche un'altra carta: il ponte non sarà la solita cattedrale nel deserto.

«Sto lavorando - è la conclusione - al miglioramento del collegamento fra Sicilia occidentale e orientale». È la Palermo - Catania, zavorrata da svincoli non all'altezza che rallentano il traffico. «Nel decreto c'è il Commissariamento dell'autostrada». Che, si spera, non deluderà chi scenderà carico di entusiasmo dal ponte.

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