Possibile mossa a sorpresa: affrontare sinistra e Pm andando in Parlamento

La premier potrebbe anche rinunciare all'immunità: "È un atto politico"

Possibile mossa a sorpresa: affrontare sinistra e Pm andando in Parlamento
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La tentazione è forte. Giorgia Meloni pensa a una mossa a sorpresa: andare in Aula e sfidare sinistra e magistratura a «viso aperto». Ieri pomeriggio, i magistrati della Procura di Roma hanno notificato al presidente del Consiglio un avviso di garanzia con l'accusa di peculato e favoreggiamento in merito alla vicenda del libico Almasri, nel mirino dell'Interpol per traffico di esseri umani in Libia e sui cui pende un mandato di cattura spiccato dalla Corte Internazionale di Giustizia. Almasri è stato arrestato in Italia e riportato in Libia con un aereo di Stato. Ora l'incartamento giudiziario sarà trasmesso alla Camera dei Deputati (Meloni è deputato) per avviare l'iter finalizzato alla richiesta di autorizzazione a procedere. Ecco che la leader di Fdi, che non vuole tirarsi indietro, perché considera l'avviso di garanzia un atto «politico», sarebbe pronta anche a chiedere alla Camera dei deputati di autorizzare le indagini della Procura. Rinunciando all'immunità. C'è anche una valutazione squisitamente politica ed elettorale che spinge per questa ipotesi. A Palazzo Chigi una reazione delle toghe, dopo il primo via libera alla separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, era attesa. «Provi a riformare la giustizia e ti arriva un avviso di garanzia», commenta la deputata Alessia Ambrosi di Fdi. Nessuno però si aspettava che i magistrati puntassero così in alto: al capo del governo. Anzi a mezzo governo. E allora la linea che trapela dal palazzo dell'esecutivo è quella di rispondere colpo su colpo. Le avvisaglie c'erano state. La mail del magistrato Marco Patarnello (appena eletto al Csm): «Meloni più pericolosa di Berlusconi, bisogna porre rimedio». Sembra rivedere un film già visto. Quando Luca Palamara, parlando con un altro magistrato Paolo Auriemma, diceva: «Salvini va fermato». E sorprende che uno dei protagonisti del processo contro Matteo Salvini sia lo stesso: il capo della Procura di Roma Francesco Lo Voi, che in passato ha rappresentato l'accusa nel processo contro Salvini, imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio nella vicenda Open Arms. Oggi guida l'inchiesta contro Meloni e i ministri Piantedosi, Nordio e il sottosegretario con delega ai Servizi Segreti Alfredo Mantovano. Il sospetto che aleggia su Palazzo Chigi è che la magistratura stia preparando l'assalto finale al governo Meloni. Altro elemento che colpisce è il tempismo. L'avviso di garanzia arriva 24 ore prima dell'informativa in Parlamento sul caso Almasri. Informativa saltata. Quasi un atto che punterebbe a «destabilizzare» il dibattito politico. Sono queste tutte valutazioni in corso a Palazzo Chigi. Ma soprattutto si pensa alla reazione. Ieri pomeriggio, Meloni non ha voluto attendere il Cdm convocato per le 18 e 30. Appena avuta la carta con l'avviso di garanzia e dopo un velocissimo briefing con staff e fedelissimi, la premier ha optato per la linea dell'attacco: «Non sono ricattabile, non mi faccio intimidire». Bisogna ribattere colpo su colpo. Ecco la prima mossa.

E poi una seconda, che spiazzerebbe tutti: andare in Aula (come chiede Elly Schlein) per riferire sul caso Almasri. Senza paura. Il centrodestra fa quadrato e blinda Meloni e i suoi ministri. C'è però il timore che la tregua tra toghe e politica sia finita.

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