Predatore a colpi di benzodiazepine. Così Di Fazio "collezionava" le ragazze

Nuzzi racconta la Milano dei "mostri" insospettabili. E pubblica i dossier più scottanti, dal manager farmaceutico a Genovese

Predatore a colpi di benzodiazepine. Così Di Fazio "collezionava" le ragazze

Pubblichiamo un estratto del libro di Gianluigi Nuzzi I Predatori (tra noi). Soldi, droga, stupri: la deriva barbarica degli italiani (Rizzoli, 288 pagine, 19 euro). Così inizia il capitolo sul manager farmaceutico milanese Antonio Di Fazio.

L' album dell'orrore contiene sessantun fotografie di giovani donne. Alcune riverse a terra in salotto, altre incoscienti sul letto, con il volto tra il materasso e la parete. Gli occhi chiusi, i corpi abbandonati. Gli scatti le mostrano in posizioni contro natura, a volte fetali. Le espressioni facciali sono anomale, vuote, è evidente che sono state narcotizzate. Sono tutte prive degli indumenti intimi, gli organi genitali in vista, spesso in primo piano, con una mano che talvolta allarga le natiche per renderli meglio visibili. Tutte inconsapevoli di quanto accadeva intorno a loro. Bionde, castane, more, si assomigliano solo per la giovane età e lo stato catatonico. Disponibili per il predatore che osserva, fotografa, tocca. E si eccita. La tana del predatore è nel cuore di Milano, un appartamento elegante di 210 metri quadrati al secondo piano di un palazzo signorile a pochi passi dal parco Sempione.

Vive qui Antonio Di Fazio, benestante industriale farmaceutico, classe 1971. Divide i dieci locali con l'anziana mamma e il figlio di appena 12 anni. La loro presenza, la sensazione di famiglia che danno, induce molte ragazze a entrare in quella casa, a fidarsi. Ma quando parte l'impulso, Di Fazio si isola con la vittima, chiude le porte, somministra benzodiazepine insapori, stordenti, celate in una bevanda, e avvia il rito.

Di quest'almanacco, le ultime sette foto risalgono al 27 marzo 2021, scattate tra le 00.20 e le 00.27 nel salotto. Ritraggono una ragazza snella, seminuda, con addosso gli slip e i pantaloni abbassati, sdraiata sul fianco destro in posizione fetale sul pavimento di parquet. Gli occhi chiusi, una mano sotto il volto, appare catatonica. Questa ragazza ha incontrato il predatore per lavoro e la sua vita è cambiata. «Il nome che voglio scegliere per proteggermi? Chiara, indicami con il nome di Chiara» mi dice quando la incontro. Sportiva, oggi ventiduenne, i limpidi occhi verdi, è venuta dal Sud per frequentare l'università Bocconi ed è caduta in questa mattanza che durava da anni. Senza la sua denuncia, il predatore sarebbe andato avanti chissà per quanto ancora. Dopo mesi di indugi, Chiara riprova a fidarsi di un uomo con più del doppio dei suoi anni e decide di incontrarmi (...): « Bevuto il caffè, dopo pochi minuti, ho cominciato a sentirmi strana, spossata. Gli ho chiesto di mangiare qualcosa per riprendermi e lui mi ha portato un succo d'arancia. Ho bevuto, ma l'effetto è stato sorprendente: mi sentivo ancora peggio, come fossi dissociata. Ricordo di aver detto che stavo male... ma sembrava che a lui non interessasse. Non mi ha aiutato. Non ha chiamato un'ambulanza. Ho perso i sensi e non ricordo più cosa mi sia successo. Dal mio cellulare alle 21.26 era partito un messaggio al mio fidanzato nel quale scrivevo «Sonno da amici», con un errore grammaticale che mai avrei compiuto. Mi sono assopita, risvegliandomi soltanto perché qualcuno stava tirando giù i miei pantaloni elasticizzati neri... A un tratto ho percepito le sue mani addosso, sotto l'elastico dei pantaloni, ho avuto una reazione, mi sembra di essermi mossa... Nemmeno ricordo se ancora indossavo la maglia... Sono stata vittima di violenza sessuale tra le 17.

40 e le 19, eppure il mio stato di incoscienza era tale che non sono in grado di ricordare se mi abbia toccato, né ricordo di aver avvertito la sua presenza su di me, né di come sono giunta a casa dove sono collassata sul letto».

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