Il premier snobba i dissidenti e accelera su Italicum e Colle

Vertice sulla rosa dei nomi per il Quirinale con Guerini, Orfini, Serracchiani e Speranza. L'idea c'è, ma si gioca a carte coperte

Il premier snobba i dissidenti e accelera su Italicum e Colle

Prima di correre a Firenze per fare gli onori di casa come ospite della «collega» tedesca Angela Merkel, il premier torna a parlare dell'Italicum come di una legge «seria» e già prevede l'approvazione per martedì della legge elettorale. Intanto ieri ha incontrato la squadra che per il suo partito sta portando avanti i contatti per la selezione del candidato al Colle. Alla fine dell'incontro, cui hanno partecipato Roberto Speranza, Debora Serracchiani, Matteo Orfini e Lorenzo Guerini, si è deciso di posticipare a oggi, durante la segreteria convocata a largo del Nazareno, il calendario degli incontri tra il Partito democratico e le altre delegazione in vista dell'inizio delle votazioni per il presidente delle Repubblica. Bocche cucite a fine riunione ma visi distesi e sorridenti. Parla solo la Serracchiani: «Io credo che ci saranno le condizioni per eleggere in tempi ragionevoli il presidente della Repubblica. Non ci sono più le condizioni drammatiche del febbraio 2013».

Insomma il partito dei renziani assorbe senza troppi tentennamenti gli urti degli ultimi giorni e guarda avanti con fiducia. Forte, tra l'altro, di aiuti inaspettati. Come quelli forniti da Achille Occhetto e Stefano Rodotà, due esponenti della sinistra critica che su scissioni e rifondazioni hanno esperienza. Intervistato dal Tempo Occhetto rigetta ogni accostamento con la Bolognina (correva l'anno 1989) pur constatando che il partito sta andando avanti «di degenerazione in degenerazione». Svolte? Scissioni? «No - replica l'ultimo segretario del Pci -. Non mi aspetto nessuna scissione. Non avrebbe senso». Gli fa eco Rodotà che sulle pagine di Micromega tuona contro la minoranza Pd. Dopo i «fallimenti» di Rivoluzione Civile e delle liste Arcobaleno è «impensabile» la costruzione di un soggetto politica unito a sinistra del Pd. Altro «aiutino» a Renzi lo offre uno dei suoi più accesi avversari interni. Stefano Fassina prima cerca di attirare i media con un'uscita provocatoria: «Dietro i 101 che bocciarono Prodi? C'era Renzi. Non è un segreto». Salvo poi rassicurare lo stesso premier-segretario: «Renzi stia tranquillo. Noi conosciamo bene la disciplina di partito. Nessuno deve temere da noi franchi tiratori». Ci pensano i fedelissimi, comunque, a mettere il cappello sull'ennesima giornata renziana improntata all'ottimismo.

Il presidente del partito, Matteo Orfini, si dilunga in una severa lezione al compagno di partito Pier Luigi Bersani mentre il senatore Andrea Marcucci sollecita i colleghi più critici con un rappel à l'ordre in chiave antiberlusconiana. «Ce l'ho con tutti quelli che si comportano come se ci fosse un partito nel partito - spiega Orfini in un'intervista a Repubblica -. Il voto di dissenso ha ragion d'essere su temi etici, per ragioni di coscienza. Ma sulla legge elettorale proprio no». A Bersani, che mercoledì aveva riunito 140 parlamentari contrari all' Italicum con i capilista bloccati, Orfini ricorda che «quando era segretario ripeteva spesso una cosa giusta: “il partito è un soggetto politico, non uno spazio politico”». Orfini mostra ottimismo pure sulla questione Quirinale: «Chi pensa di scaricare le tensioni interne sulle istituzioni disonora la storia della sinistra».

E poi la maggioranza di governo, aggiunge, non è cambiata: «Una cosa sono le riforme, un'altra il programma di governo». Ed è su questo punto che insiste il senatore Andrea Marcucci: «Non c'è stato alcun cambio di maggioranza. Abbiamo fatto ciò che avevamo detto, ovvero coinvolgere le opposizione sulle regole del gioco».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica