Famiglie più ricche e pressione fiscale in calo nel primo trimestre. E anche se i dati sono riferiti a un periodo di tempo limitato le cifre fanno ben sperare per il futuro. A rilevare i due andamenti è l'Istat, secondo cui il potere d'acquisto delle famiglie è aumentato del 3,1% tra gennaio e marzo 2023 rispetto ai tre mesi precedenti. Il miglioramento è legato al sensibile rallentamento della dinamica dei prezzi (+0,1% la variazione congiunturale nel settore dei consumi).
L'istituto sottolinea anche che la propensione al risparmio delle famiglie, pur continuando il suo calo se si guarda al lungo periodo, ha segnato il primo aumento in termini congiunturali dopo diversi trimestri di diminuzione, attestandosi al 7,6%, in crescita di 2,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato del 3,2% sempre rispetto al trimestre precedente, mentre la spesa per i consumi finali è cresciuta dello 0,6%.
Meno positive le cifre che prendono in esame le grandezze del debito pubblico: l'indebitamento delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil ha mostrato un peggioramento rispetto allo stesso periodo del 2022 per la minore incidenza delle entrate, riflesso in una riduzione della pressione fiscale.
In particolare, segnala l'Istat, il deficit si è attestato al 12,1% contro l'11,3% segnato nei primi tre mesi dell'anno scorso. Il saldo primario delle amministrazioni pubbliche è negativo, al -8,8% rispetto al Pil (-7,6% nel 2022).
Quanto alla pressione fiscale le statistiche segnalano che è stata pari al 37%, in riduzione di 0,9 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Da rilevare tuttavia che da questo punto di vista i primi tre mesi dell'anno non sono comunque indicativi del livello del prelievo complessivo che si registrerà nel corso dei 12 mesi.
Lo scorso anno, per esempio, la pressione fiscale nei primi tre mesi era pari al 37,9 per cento. Il dato è poi progressivamente salito fino al 43,5 dell'ultimo trimestre dell'anno. Anche in questo caso, dunque, esultare sarebbe prematuro ma un miglioramento, rispetto al periodo di riferimento, e pur tenendo conto degli avvertimenti degli esperti, c'è stato (lo 0,9% di cui sopra). La stessa cosa vale del resto anche per il dato negativo del deficit, che sale al 12,1%. Un centro studi come il Ref prevede che a fine anno scenderà al 4,8% dall'8% dello scorso anno.
In tutti i casi ce n'è abbastanza perché i componenti della maggioranza possano esprimere la loro soddisfazione.
«Le opposizioni parlano e si dividono sulla proposta del salario minimo», dice il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Tommaso Foti (nel tondo). «Con il governo Meloni aumentano i redditi grazie a misure economiche reali che impattano direttamente e positivamente su famiglie e imprese».
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