Un tetto al prezzo del gas russo e l'emissione di debito comune nell'Ue. L'intervento con cui Mario Draghi apre a Parigi la riunione interministeriale dell'Ocse si muove su un doppio binario e guarda al Consiglio europeo del 23 e 24 giugno. Da una parte, infatti, il premier insiste sulla necessità di definire un price cap per il gas russo importato. E dall'altra rinnova l'auspicio affinché l'Europa metta in campo uno strumento sul modello dello Sure, finanziato da debito condiviso, per sostenere i cittadini e contrastare l'aumento dei costi dell'energia. Un doppio binario che in prospettiva ha il comune obiettivo di contrastare l'aumento dell'inflazione. Insieme all'energia, infatti, l'incremento dei prezzi dei prodotti alimentari sta contribuendo a far salire il tasso di inflazione anche nei Paesi più ricchi. «Nell'area euro, a maggio i prezzi sono aumentati dell'8,1% rispetto a un anno prima», spiega l'ex numero uno della Bce. Tuttavia, aggiunge, «se si escludono voci come l'energia e i generi alimentari», l'aumento è «solo della metà», un balzo significativo ma molto inferiore a quello negli Stati Uniti. In alcuni Paesi, dice il premier, la cosiddetta «inflazione core» è ancora più bassa: in Italia a maggio si è attestata al 2,9%. Sempre nell'area euro, peraltro, la disoccupazione «è di poco inferiore al 7%», mentre i consumi restano al di sotto dei livelli pre-pandemici. Tutti segnali del fatto che c'è ancora «capacità inutilizzata nell'economia».
Draghi, però, è ben consapevole del fatto che sia il price cap che un nuovo strumento di debito comune sulla scia dello Sure (concepito sotto pandemia per finanziare i sussidi di disoccupazione) non avranno vita facile. Non a caso, proprio ieri ha ammesso che per arrivare al tetto sul prezzo del gas c'è da fare «una strada lunga». Il motivo è noto: c'è un fronte di governi contrari a interventi radicali mirati per fronteggiare l'emergenza derivante dalla guerra in Ucraina, primi fra tutti Germania e Olanda. Berlino, fortemente dipendente da Mosca sul fronte energetico, teme che la Russia possa reagire chiudendo i rubinetti. Mentre ad Amsterdam ha sede il Title Transfer Facility, il punto di scambio virtuale per il gas che funge da hub per l'Europa continentale.
Nonostante le difficoltà, Draghi resta convinto che si debba comunque fare il possibile per seguire questo doppio fronte. Su cui pare abbia trovato aperture anche da parte del presidente francese Emmanuel Macron. I due si sono visti mercoledì sera all'Eliseo, per una cena (è andata «benissimo», si è limitato a dire Draghi) che è servita a rinsaldare l'asse tra Roma e Parigi. Anche in quell'occasione, come ieri nel suo intervento all'Ocse, l'ex banchiere ha insistito sul fatto che bisogna aiutare l'Ucraina ma senza dimenticare «i nostri cittadini» e «quelli nelle aree più povere del mondo, in particolare nell'Africa». Soltanto così, diventando «sostenibili nel tempo» e «coinvolgendo le economie emergenti», i nostri sforzi potranno essere «pienamente efficaci». Poi, la delicatissima questione del grano. «Dobbiamo sbloccare i milioni di tonnellate di cereali che sono fermi a causa del conflitto», spiega il premier. Insomma, bisogna offrire a Kiev «le garanzie di cui ha bisogno che i porti non vengano attaccati».
Infine, Draghi ribadisce l'importanza dell'unità di Ue e G7 nel sostegno all'Ucraina e aggiunge che i sei pacchetti di sanzioni decisi da Bruxelles «hanno inferto un duro colpo agli oligarchi vicini al Cremlino e a settori chiave dell'economia russa».
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