Matteo Messina Denaro, rinchiuso dal 17 gennaio nel carcere di massima sicurezza dell'Aquila in regime di 41 bis riceve visite. Quella del procuratore capo di Palermo, Maurizio de Lucia, e dell'aggiunto Paolo Guido, che ieri si sono spostati nel capoluogo abruzzese per sentirlo.
I magistrati sono arrivati con una scorta di 5 auto e hanno fatto il loro ingresso nell'istituto penitenziario alle 14.30. L'interrogatorio, di circa un'ora, è avvenuto alla presenza del legale del boss, la nipote Lorenza Guttadauro. Il capomafia ha deciso di rispondere ad alcune domande, ma il fatto che il verbale non sia stato secretato farebbe ritenere che non abbia detto nulla di rilevante o, comunque, nulla di più di ciò di cui la procura non sia già a conoscenza.
È il secondo incontro di de Lucia con il padrino. Il primo è consistito in un breve colloquio poco dopo la cattura, durante il quale il procuratore gli ha garantito che è «nelle mani dello Stato e riceverà piena assistenza medica» e lui ha ringraziato. Allora non è apparso disposto a collaborare e lo ha confermato la sua assenza alle due udienze degli unici processi ancora pendenti, ovvero quello d'appello sui mandanti delle stragi di Capaci e di via D'Amelio in corso a Caltanissetta, e l'udienza preliminare del processo «Xydi» celebrato a Palermo. È il procedimento che vede coinvolti padrini e gregari della mafia agrigentina e tra gli imputati spicca il nome dell'avvocata Angela Porcello, legale dei boss, che è stata condannata a 15 anni e 4 mesi per associazione mafiosa. La posizione del capomafia era stata stralciata in quanto latitante.
L'incontro di ieri si è svolto in una stanza vicina alla cella in cui vive, la stessa in cui riceve le cure per il tumore al colon. È apparso in buone condizioni di salute. Faldoni alla mano, si può ipotizzare che siano state tante le domande dei magistrati, a cominciare da quelle scaturite dall'analisi del materiale sequestrato nei covi di Campobello di Mazara, tra pizzini, scontrini, ricevute e biglietti aerei per l'estero. Rispondendo solo a queste, farebbe luce su come ha trascorso la latitanza, a partire dalla manovalanza che gli ha consentito spostamenti, cure, affari per finire ai «pezzi grossi» che siedono nei palazzi e sporcano la divisa che indossano. C'è poi da capire come abbia reperito i fondi necessari a mantenere l'alto tenore di vita e, ancora, come sia stato in grado di mantenere costanti rapporti con i fedelissimi.
In molti sperano che il padrino dia chiarimenti alle famiglie a cui ha arrecato dolore. Centinaia le vittime sulla sua coscienza. Potrebbe rivelare tutto ciò che è ancora oscuro sulle stragi pilotate da lui, potrebbe spiegare da chi è stata sottratta l'agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, dove si trova, cosa contiene. Sarebbe un'assunzione di responsabilità da parte di chi almeno ora ci metterebbe la faccia.
Messina Denaro cela segreti di cui
nessuno è a conoscenza. «È depositario di conoscenze sulla stagione stragista del '92 e '94 - ha sottolineato il 19 gennaio il procuratore generale Antonino Patti - ancora oggi non sondate e sconosciute da altri collaboratori».
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