Primo effetto: a Calais ritorna la frontiera

In 7mila aspettano di passare la Manica. E i trafficanti adesso alzano i prezzi

Primo effetto: a Calais ritorna la frontiera

Sono almeno settemila i migranti sparpagliati fra le dune di Calais e le spiagge di Dunquerke, sulla sponda francese della Manica. Da settimane attendono in accampamenti di fortuna un passaggio clandestino per il Regno Unito, appiattiti fra i container caricati sui treni o aggrappati disperatamente agli assi dei camion.

Sulla sabbia che settant'anni fa vide partire in fretta e furia il Corpo di spedizione britannico salpato dall'Inghilterra per frenare l'invasione nazista della Francia, oggi si raccolgono le vittime più innocenti del Brexit, che della secessione di Londra dell'Unione Europea sanno forse meno di chiunque altro.

Coincidenza curiosa, poiché proprio l'immigrazione è stata uno dei temi chiave su cui i leader euroscettici britannici hanno imperniato la propria campagna per il Leave. Le immagini delle orde di africani che assaltavano treni e traghetti per la Gran Bretagna hanno fatto breccia nell'immaginario collettivo degli inglesi, alimentando le paure di un'invasione che non ha nemmeno sfiorato le zone dove la Brexit ha ottenuto più consensi.

Ora che il divorzio fra Londra e Bruxelles è cosa fatta, in molti si domandano che sarà dei migranti di Calais. A marzo, circa un mese dopo lo sgombero del grande campo noto come «La Giungla», il presidente francese François Hollande aveva annunciato «conseguenze» sui controlli alla frontiera della Manica se la Brexit avesse vinto.

La questione è regolata dagli accordi di Le Touquet del 2003, con cui Parigi accettò di svolgere i controlli doganali, in cooperazione con la polizia britannica, sulla sponda francese del Canale. A rappresentare la Francia, in quell'occasione, fu l'allora ministro degli Interni Nicolas Sarkozy, ansioso di chiudere il campo profughi di Sangatte, aperto pochi anni prima dal primo ministro Lionel Jospin e all'epoca considerato un vero e proprio ghetto. Contemporaneamente Londra accettava di accogliere un migliaio di richiedenti asilo curdi, ottenendo però la possibilità di spostare i controlli in territorio francese.

Tredici anni più tardi, con molti più migranti ad affollare i sobborghi di Calais e la Manica che dopo decenni torna a dividere l'Unione Europea da uno Stato terzo, in Francia già si levano le prime richieste di rinegoziare quell'accordo: Xavier Bertrandt, presidente della Regione Nord-Passo di Calais-Piccardia, ne ha chiesto la denuncia già all'indomani del voto britannico.

Una clausola per denunciare gli accordi effettivamente esiste, ma è improbabile che per ora possa venire applicata. Il ministro degli Esteri transalpino, Jean-Marc Ayrault, ha assicurato che «il confine rimarrà sulla sponda francese», a dispetto delle minacce lanciate a marzo dal presidente Hollande. Per il momento le due parti restano in attesa di capire le modalità dell'uscita del Regno Unito dalla Ue.

Non è detto invece che i migranti di Calais riescano a mantenere la stessa calma: la prossima uscita di Londra dall'Unione potrebbe gettare molti nel panico, spingendo i trafficanti di uomini ad aumentare i prezzi per un passaggio fino all'altra sponda della Manica con «le ultime navi».

Se fino a quest'inverno i migranti cercavano di passare in Inghilterra nascondendosi nei traghetti o attraversando l'Eurotunnel, da qualche mese nelle acque del Canale sono comparsi i primi gommoni di profughi pilotati da scafisti riconducibili alla mafia albanese. Nel timore che Dover potesse diventare una nuova Lampedusa inglese, Londra ha schierato la Royal Navy.

Non solo: con l'attenzione di mezza Europa concentrata su Calais, i profughi hanno iniziato a salpare per le coste inglesi da porti sempre più lontani, spingendosi fino alla città tedesca di Cuxhaven, in Sassonia. L'obiettivo finale è sempre lo stesso, ma ora si rischia l'esodo in massa.

La Gran Bretagna, a torto o a ragione, è vista dai migranti come l'Eldorado d'Europa: se le loro illusioni, complice

la Brexit, si riveleranno o meno fallaci, potrà dirlo solo il tempo.

Quello che è certo è che da ieri Downing Street non potrà più contare sulla stessa solidarietà di prima in fatto di migranti,da parte dell'Unione Europea.

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