Tiene di nuovo banco il caso Giulio Regeni, il ricercatore friulano dell'Università di Cambridge rapito al Cairo, in Egitto, il 25 gennaio 2016 e ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo. Dalla morte di Regeni sono passati più di tre anni e mezzo, più di 1200 giorni in cui i genitori del ragazzo, insieme ad Amnesty International, hanno chiesto (inutilmente) di sapere i nomi di chi ha torturato e ucciso Regeni. Le indagini sull'omicidio, di cui sono sospettati i servizi segreti del Paese nordafricano con la complicità del governo del presidente Al-Sisi, sono giunte a un binario morto. La decisione del governo Renzi di ritirare l'ambasciatore italiano al Cairo è durata solo un anno e nel frattempo sono ripresi i rapporti diplomatici - e commerciali - tra Italia ed Egitto.
Ma la famiglia Regeni non ci sta e al grido di "Verità per Giulio" gira l'Italia per tenere alta l'asticella dell'interesse di politici e cittadini sull'omicidio di loro figlio. Si tratta della prima gatta da pelare per Luigi Di Maio. Il neo ministro degli Esteri, che in passato ha promesso più volte di impegnarsi in prima persona per scoprire la verità sull'omicidio del ricercatore, in queste ore è chiamato in causa da molti post su Twitter che gli chiedono di mantenere la promessa. "Diventiamo la #scortamediatica della famiglia #Regeni. L'ambasciatore al Cairo dev’essere richiamato dal ministro @luigidimaio per consultazioni. Cosa sta facendo per fare verità sulla morte di Giulio?", scrive Fabio Geda. Appello condiviso e sottoscritto da altri utenti, compreso il profilo Verità Per Giulio da sempre in prima linea su questa triste storia. Inevitabile, per gli attivisti pro-Giulio, rivolgersi direttamente a Di Maio.
Diventiamo la #scortamediatica della famiglia #Regeni e di @leg_alessandra. L'ambasciatore al Cairo dev’essere richiamato dal ministro @luigidimaio per consultazioni. Cosa sta facendo per fare verità sulla morte di Giulio?#veritapergiulioregeni#14settembre pic.twitter.com/HKqxctQk7J
— fabio geda (@fabiogeda) September 14, 2019
Il leader grillino, il 30 novembre 2018, aveva usato parole molto forti nei confronti dell'Egitto: "Questo governo ha provato la strada del dialogo con uno Stato che deve darci risposte sulla morte di Giulio Regeni. Noi ci aspettiamo risposte non solo dalle nostre procure ma da uno Stato che ci ha assicurato risposte efficaci. Se non dovessero arrivare ne trarremo le conseguenze".
Parole portate via dal vento, durate il tempo di un battito di ciglia. Ora, però, Di Maio non è più ministro del Mise. Ma degli Esteri. Spetta a lui rispondere al grido di dolore e di verità dei genitori di Regeni che il 5 settembre, partecipando a un incontro nell'ambito del Festival dei Giornalisti del Mediterraneo, ad Otranto, hanno chiesto al governo e al capo politico del Movimento 5 Stelle di "alzare la voce.
Bisogna dire che l'Egitto non è un paese amico e l'unico modo è richiamare l'ambasciatore per consultazioni, smettere di fare i turisti e pretendere che l'Egitto sia inserito tra i Paesi non sicuri". Chissà cosa ne pensa Di Maio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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