I centristi, i riformisti. E Romano Prodi. Elly Schlein nella tenaglia. Fuori e dentro il Pd. Lei sceglie, di nuovo, la linea del silenzio. La segretaria dem non vuole alimentare le divisioni e prova a tirare dritto, ignorando i movimenti sotterranei che percorrono l'ormai ex campo largo, al centro della sinistra. Dopo gli endorsement, sono arrivate le prime punzecchiature da parte del Professore. Che sono aumentate, contestualmente ai dibattiti sul futuro dell'area centrista dell'opposizione. Considerata un fattore di riequilibrio all'interno di uno schieramento considerato troppo sbilanciato a sinistra. Ma soprattutto un potenziale serbatoio di «federatori» in grado di cementare il fronte alternativo al centrodestra di governo. «Bisogna vedere se si riesce a fare una coalizione di ampio respiro, cosa si può fare insieme, qual è il programma da proporre. Accanto alla metà del Pd serve mettere un'altra metà se si vuole vincere e questo è il compito dei prossimi due anni. Il problema ora è di creare una coalizione, lo può fare Schlein, dipende se lo vuole fare, da come ha la capacità di proporre queste innovazioni», è solo l'ultima bacchettata. Lo schema, dunque, è quello dell'Ulivo. Un'operazione all'insegna della nostalgia. Come quella andata in scena sabato scorso a Orvieto e a Milano. Nella città umbra si sono riuniti i liberal del Pd. Nel capoluogo lombardo, invece, si sono dati appuntamento i cattolici, che vedono nell'ex direttore dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, un leader in pectore. Due fronde. La prima dentro il Nazareno, che punta a bilanciare i pesi all'interno del partito. La seconda con l'orizzonte di una nuova Margherita al di fuori del Pd, potenzialmente capace di drenare consensi ai dem ora a trazione Schlein.
Una serie di trappole, che si stanno manifestando anche sui temi più caldi dell'attualità. Debora Serracchiani, che alle ultime primarie del Pd ha appoggiato Stefano Bonaccini, ha espresso prima dubbi sul referendum contro il Jobs Act, sostenuto dalla segreteria insieme alla Cgil e poi ha seminato divisioni sul terzo mandato. «Siamo contrari, ma bisogna discuterne, per vincere bisogna parlare con Vincenzo De Luca», ha detto la deputata del Pd. Sul referendum contro il Jobs Act si fa sentire anche Graziano Delrio, tra gli animatori dell'iniziativa milanese dei cattolici. «Non rinnego quello che facemmo, perché mandò avanti il Paese: non approvo il referendum, troveremo una sintesi tra tutti, ma non mi pare che il complesso del Jobs Act meriti una battaglia politica di cancellazione», spiega Delrio. Posizioni, distinguo, in cui si sono rispecchiati altri esponenti del correntone riformista. Dal senatore Alessandro Alfieri, componente della segreteria nazionale, al presidente del Copasir ed ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Ed è caos tra pacifisti e riformisti anche sulla guerra in Ucraina. In più c'è l'ultimo colpo ai fianchi.
La fine del referendum sull'Autonomia, che per la leader del Nazareno rappresentava un magnete per tenere unite tutte le opposizioni. Da Giuseppe Conte fino a Matteo Renzi, passando per Carlo Calenda e il duo Bonelli-Fratoianni. Senza contare l'insofferenza di parte dei dem per il dialogo con il M5s su cui insiste Schlein.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.