Si è riaperta all'improvviso, durante l'emergenza acqua alta a Venezia e la crisi dell’ex Ilva, la battaglia sociale e politica sullo ius soli e ius culturae. Un tema che non si è (ri)acceso per caso: ci ha pensato infatti il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti a rilanciare la riforma della cittadinanza italiana nell'agenda di governo.
Una piccola parentesi: lo ius soli indica l'acquisizione della cittadinanza del Paese in cui si è venuti al mondo, in modo indipendente rispetto alla cittadinanza dei genitori, mentre lo ius culturae è quel concetto che mira a dare ai bambini figli di stranieri la possibilità di richiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana al compimento del dodicesimo anno di età, a patto che abbiamo frequentato e portato a compimento cinque anni di percorso scolastico.
"Chiederemo con i gruppi parlamentari che si metta in agenda lo ius culturae e lo ius soli come scelta di campo del Pd", ha tuonato il capo politico dei dem da Bologna nei giorni scorsi, facendo indispettire – non poco – gli alleati di governo del Movimento 5 Stelle. Oggi un nuovo capitolo della querelle, visto che "Zinga", intervistato da Repubblica, è tornato alla carica: "La maggioranza del Paese è favorevole. Ma non drammatizzerei questo tema. Se oggi non ci sono le condizioni non è detto che non si realizzino in futuro". Poi, la stilettata alla compagine pentastellata: "La manovra finanziaria ha un'anima. Il governo ancora no. E se non la trova rischia…". Insomma, il segretario Pd agita lo spettro della crisi di governo e di un eventuale ritorno al voto, puntando i piedi proprio sullo ius soli.
Ecco, la cosa è stata aspramente criticata in mattinata, sulle frequenze televisive di La7, da Paolo Mieli. L'ex direttore del Corriere della Sera, nello studio di Omnibus, ha rimbrottato Zingaretti: "Il calore e la foga che Nicola Zingaretti ha messo in questo discorso non gli è usuale. Voleva dare un segnale che il suo intervento fosse uno di quelli da ricordare. Però ritirare fuori in quel modo lo ius soli può voler dire solo due cose: o si impegna davvero nella battaglia per lo ius soli o ius culturae o quello che sarà - tanto cambierà il nome, perché a sinistra sono abituati a cambiare nome alle cose… – oppure è una buffonata, una cosa buttata lì per fare".
E qui lo storico affonda il colpo, sostenendo che un eventuale caduta del governo sarebbe da afferire ad altre motivazioni e ragioni: "Zingaretti sta minacciando tra le righe il voto anticipato.
Ma è un bluff: il Pd non ha mica l'intenzione di tornare alle urne". E qui Paolo Mieli fa la sua profezia: "Al voto ci si va se succede un fatto improvviso, per un caso: ci vuole un evento eccezionale…".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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