Primo giorno di scuola di sci. Maschera e mascherina, casco, crema, voglia e pazienza: c'era tutto quello che serviva, peccato che ci fosse anche una lunga coda, ieri a Cervinia, per la tradizionale apertura autunnale degli impianti da sci. La voglia di neve, dopo un inverno congelato a febbraio, ha richiamato oltre duemila persone. Che in fila per tre, col resto di due e più, hanno formato una colonna che ha fatto, prima, impazzire i social e poi impensierire l'intero settore degli sport invernali.
La stradina che collega gli immensi parcheggi era colma: qualche steward si inerpicava su e giù a chiedere di mantenere le distanze. Gli altri traghettavano all'interno e alle casse una anche automatica una decina di persone alla volta, dopo aver provato loro la febbre, consegnando la mascherina a chi non la portasse. «Giornaliero, stagionale?», spiegazioni di rito e via attraverso i tornelli, poi ancora qualche ingorgo sui primi impianti e, infine lei, la neve. Bianca e libera, perché una volta in quota, di assembramento - va detto -, nemmeno l'ombra. Trenta euro per stare sul versante italiano, 63 per sconfinare oltre quota 3mila sul ghiacciaio di Plateau Rosà. Fra le 10 e le 11 la ressa era scomparsa, ma il dubbio che qualcosa sia andato storto resta: «Tutte le casse erano aperte, abbiamo fatto allungare la coda all'esterno proprio per non ingolfare gli interni -, spiega Matteo Zanetti neo presidente della società impianti -. Accettiamo le osservazioni costruttive e siamo contenti che Cervinia, che da sempre inaugura prima degli altri, possa fare da apripista, mettendo in luce le criticità». Che ieri non sono mancate: la vendita degli stagionali ha un iter più complesso e anche chi aveva prenotato via web doveva, come primo giorno, validare il voucher in cassa. Tutte procedure da snellire, incentivando la consegna del ticket in albergo o comunque l'acquisto on line, ormai possibile, anche grazie a circuiti prepagati o carta di credito. «Le code, però, si formeranno comunque - spiega Valeria Ghezzi, presidente di Anef - Associazione nazionale esercenti funiviari, che rappresenta il 90% delle imprese di settore - proprio per evitare di fa sostare la gente al chiuso».
Anef sta limando un protocollo che molte Regioni hanno già sottoscritto: fra i punti cardine, sanificazione delle seggiovie, finestrini aperti su ovovie e funivie, accessi contingentati, divieto di «svestirsi» a bordo, togliendo casco e guanti, divieto di parlare al cellulare in quei pochi minuti di viaggio. Modulabile anche la velocità degli impianti, a seconda dell'afflusso: «A pieno ritmo - spiega Zanetti - smaltisci le code a valle; più lento, fluidifichi eventuali code sulle piste». L'imperativo è uno: meglio sbagliare ora che a dicembre, quando (al netto di nuovi lockdown) partirà ovunque la piena stagione. La preoccupazione, dato il confronto con la folla quotidiana che usa metrò o mezzi locali, è quella di non venire più additati come «untori», come avvenne in primavera. «Lo sci si fa all'aperto e imbacuccati», sottolinea Ghezzi che però lancia un messaggio: «Io capisco atleti e sci club, per cui la neve è equiparabile ad un lavoro, ma forse, se il nostro Governo ci chiede di evitare il superfluo, potremmo tutti aspettare a sciare».
Rinunciare oggi, «per avere una vera stagione da dicembre, quando i numeri dello sci diventano davvero fondamentali». «Per almeno 60mila lavoratori e l'economia di tutte le alpi». E non solo per la passione di qualche curva, ancora fuori stagione.
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