«In Puglia farò il pacificatore Ma non ho paura di Fitto»

Il nuovo commissario azzurro lancia la sfida all'europarlamentare: «Non si può stare in un partito e criticarlo da mattina a sera»

RomaÈ sempre stato il «granaio» di voti azzurri, la Puglia, ed è da lì che Forza Italia intende ripartire per fare il pieno alle Regionali. Da quel consenso radicato che ha consentito fin dal '94 al partito di Silvio Berlusconi di mantenere il primato, grazie a due personaggi che costruirono le fondamenta stesse di ciò che venne definito «Polo del Buongoverno»: Pinuccio Tatarella e Domenico Mennitti. Politici assai diversi, accomunati forse da un'unica idea: scongelare i voti del Msi e convogliarli in un partito liberale di massa.

Oggi arriva in Puglia un commissario scelto dal leader in persona, l'avvocato cassazionista Luigi Vitali. Ed era inevitabile che Raffaele Fitto, tradizione democristiana, dissotterrasse (non avendola mai seppellita, in verità) l'ascia di guerra. «Un'epurazione, un grave errore, segno di clamorosa debolezza e non di forza, il nostro torto è avere ragione», è insorto Fitto in un crescendo che troverà il suo clou in una manifestazione nazionale domani a Roma. Tutti i coordinatori provinciali pugliesi scelti da lui hanno intanto rassegnato le dimissioni in segno di solidarietà, facendo trapelare quello che, più che un segno di forza, sembra viceversa proprio il punto di debolezza della posizione fittiana: un totale e incontrastato controllo dei vertici del partito in Puglia.

«Quello che so - racconta Vitali ( moglie, tre figli piccoli, tifoso juventino, «per carità, non mi faccia litigare con il presidente!» ) - è che dal 2000 fino a un mese fa ogni scelta, ogni nomina, dal sindaco al candidato per il Parlamento, è stata decisa da Fitto senza nessun percorso democratico dal basso. Si è preso sempre carta bianca. Oggi invoca un sistema democratico dal basso, proprio il contrario di quello che ha sempre imposto e praticato lui».

Ma Fitto resterà in Forza Italia o se ne andrà per conto suo?

«Questo lo si vedrà. Di sicuro, spero che anche lui si renda conto che non si può restare in un partito parlando male di quel partito dalla mattina alla sera. Prima o poi una soluzione a questo problema si dovrà trovare. Credo che in un movimento politico democratico possano esistere una maggioranza e una minoranza. La minoranza deve poter esprimere le proprie opinioni. Ma poi si vota e la minoranza se non prevale ha due scelte: o si adegua alla decisione della maggioranza (anche nel voto in Parlamento) o se ne va dal partito e ne fonda un altro. Tertium non datur ».

Lei ha lavorato per farlo eleggere alle Europee, dunque lo conosce bene. Sa a che cosa miri?

«Dovrebbe chiederlo a lui, io non lo capisco più, eppure pensavo di conoscerlo bene... Gli sono ancora personalmente amico e ne apprezzo alcune battaglie, tipo quella per la meritocrazia. Non condivido affatto, però, i modi e il tempo. Dico: oggi che Berlusconi non ha agibilità politica, e Renzi ne approfitta per farla da padrone, non capisce che l'unica via per contrastarne l'egemonia è l'unità di Forza Italia? Così invece rischia di indebolirne l'immagine; la trovo autolesionistica, tutta questa voglia di distruggere».

Magari vorrà fare una lista autonoma anche in Puglia.

«Mi meraviglierei se non la facesse. Ovviamente di sostegno al professor Schittulli, persona degnissima. L'altra volta Fitto ha chiesto e ottenuto una deroga dal partito... Io non ho da porre veti a nessuno».

I «rumors » dicono che Fitto potrebbe essere influenzato da D'Alema, già amico del padre. Lo ritiene credibile?

«So che si conoscono e fanno villeggiatura assieme. Frequenta anche Casini e Buttiglione. Ma non credo che con D'Alema ci sia un idillio e neppure che si lasci troppo influenzare».

Però dice che non lo capisce più.

«All'inizio mi chiese anche un parere. Gli spiegai che in un'organizzazione bisogna rispettare le regole. Le racconto una storia: da giovane ho fatto il consigliere del Msi a Francavilla Fontana, nel Brindisino. Nell'88, quando divenne segretario Rauti, mi dimisi. Ero sfiduciato, deluso, mi sembrava di tornare 150 anni indietro. Fino a che, nel '94, ho incontrato un signore: uno che conoscevo solo come grande imprenditore e presidente del Milan. Mi meravigliò, mi catturò, mi fece tornare l'entusiasmo che avevo da ragazzo. La sua empatia era travolgente. Dal '94 sono stato sempre regolarmente eletto. Poi da ultimo non sono stato ricandidato e sono tornato a occuparmi delle mie cose. Ecco, finché ci sarà Berlusconi in politica non aderirò mai a nessun altro partito. Piuttosto starò a casa a fare il nonno».

Ma lei opererà per la pace in Forza Italia?

«Certo, voglio essere un pacificatore, non un tagliatore di teste. Non sono un epuratore, queste sono malevolenze diffuse ad arte. Il mio compito è rilanciare Forza Italia. Avevo anche lanciato segnali di pace, peccato che per ora non si siano voluti raccogliere».

Ma ora ci sarà da ricostruire il partito, o basterà cambiare soltanto i vertici?

«Ho ringraziato i Coordinatori che si sono dimessi. Lo considero un atto di generosità, un contributo al rinnovamento. Li incontrerò molto volentieri. Appena la mia nomina sarà formalizzata, cercherò di coinvolgerli nel percorso di rinnovamento. Incontrerò tutti, ma proprio tutti, così che in dieci-quindici giorni possa nominare le persone più meritevoli e più decise a lavorare sodo nella prossima campagna elettorale».

Fitto reclama le primarie, a tutti i livelli.

«Ricordo benissimo quando il Pd lanciò questo metodo farlocco e Fitto si schierò contro. Servono per dividere, non per unire. E possono essere facilmente manipolate. Vedi le ultime primarie nazionali e liguri del Pd. Le nostre primarie saranno le elezioni».

Parte in

salita, dovrà superare l'ostilità di Fitto e dei suoi: dichiarano che non hanno affatto paura di lei.

«Sono stato missino quando era un problema camminare per strada e andare a scuola, pensa che possa avere paura io di loro?».

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