Mentre la Turchia cerchia in rosso un nuovo accordo sul grano come potenziale «ponte per la pace» tra Kiev e Mosca, i droni russi colpiscono i ponti in cemento armato in terra ucraina. È questa l'ennesima puntata di un dossier altamente strategico, non fosse altro perché colpisce in negativo Paesi sull'orlo del fallimento, come Libano, Libia e Tunisia, con la conseguenza geopolitica di intrecciare la guerra ancora in corso con altre emergenze.
La doppia novità delle ultime ore è rappresentata dal contatto Erdogan-Putin da un lato e dalla frenetica attività militare russa dall'altro. In primis il neo eletto Erdogan attende di incontrare personalmente Putin entro 20 giorni: troppo grossa la posta in palio, tra grano, energia, Nato e permeabilità di aree cuscinetto come Balcani e Africa per non caricare di grande importanza il contatto telefonico tra i due andato in scena ieri. Il leader turco ha affermato che Ankara continuerà a impegnarsi nella diplomazia per ripristinare l'accordo sul grano del Mar Nero, ora fallito, aggiungendo che «non dovrebbero essere prese misure che inaspriscano le tensioni nella guerra Russia-Ucraina». Mosca si è ritirata dall'accordo un mese fa e al contempo ha sferrato precisi attacchi contro le infrastrutture agricole e portuali ucraine. Ciò che potrebbe far ricredere il Cremlino è l'inclusione nell'accordo anche dei cereali e dei fertilizzanti russi.
Da qui alla fine del mese, quando i due leader si incontreranno, se ne discuterà molto anche in Occidente visto che Erdogan si sta ponendo come megafono delle istanze putiniane in seno alla Nato e dinanzi agli Usa: passaggio che è reso però complicatissimo dopo i raid russi contro i porti del grano dell'Ucraina, compreso un porto interno attraverso il fiume Danubio, danneggiando silos e nastri trasportatori. La prima conseguenza è stata l'impennata dei prezzi globali, mentre la Russia aumenta l'uso della forza per reimporre un blocco delle esportazioni ucraine.
Fermare a lungo termine l'accordo non gioverà a nessuno, ha detto Erdogan a Putin dal momento che Paesi strutturalmente deboli ne pagherebbero il prezzo maggiore. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha spiegato che la Russia è pronta a tornare immediatamente sull'accordo vero e proprio, «solo che l'accordo deve essere attuato nella parte che riguarda la Federazione Russa. Finora questo non è stato fatto. L'Occidente ha imposto sanzioni contro la Russia senza tener conto dei bisogni alimentari della comunità mondiale, lo sa bene il segretariato generale delle Nazioni Unite», ha aggiunto.
Che vi fosse un intralcio di carattere economico, oltre che geopolitico, sulla questione è emerso anche in considerazione alla modalità di pagamento: gli Stati Uniti avevano consentito a JPMorgan di facilitare alcuni pagamenti a vantaggio della Russian Agricultural Bank per le esportazioni agricole, ma dopo il ritiro di Mosca dall'accordo ecco che la strada inizialmente aperta potrebbe chiudersi rapidamente, come osservato dall'inviato americano alle Nazioni Unite. Secondo Linda Thomas Greenfield quell'escamotage doveva fornire un supporto affinché i fertilizzanti russi arrivassero davvero sul mercato. Ma dal 17 luglio scorso, giorno in cui il Cremlino ha annunciato lo stop all'accordo a causa della mancata attuazione delle proprie richieste, il quadro è completamente mutato. «Abbiamo visto indicazioni che potrebbero essere interessati a tornare alle discussioni.
Quindi, aspetteremo per vedere se ciò accadrà effettivamente - ha spiegato Thomas Greenfield - Quello che ci è stato detto è che sono pronti a tornare alle discussioni, e non abbiamo ancora visto alcuna prova di ciò. Se vogliono portare il loro fertilizzante sul mercato dovranno tornare all'accordo». Ma il contemporaneao caos in Africa, seppur geograficamente lontano, è un elemento geopoliticamente vicino e rilevante.
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