Uno sguardo al passato e uno al presente. Con l'auspicio che alla fine coincidano. Ma anche molte carezze ad un'opinione pubblica russa che incomincia a sentire pericolosamente vicina la guerra combattuta nelle pianure del Donbass. E tanti segnali a quanti tra Africa, Medio Oriente e Asia non riconoscono più la superiorità di Stati Uniti ed Europa.
«Non permetteremo a nessuno di minacciarci», le parole con cui il presidente russo Vladimir Putin apre le celebrazioni per il 79º anniversario della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale sono un segnale rivolto non solo all'Ucraina e ai suoi alleati, ma anche ai propri concittadini. E a chi, nel resto del mondo, guarda a Mosca come un polo d'attrazione alternativo a Washington e Bruxelles. La scelta - come tutte quelle che scandiscono i discorsi e le affermazioni del presidente russo - è ben ponderata. E non priva di riferimenti sia all'America di Joe Biden, nuovamente pronta a rifornire di armi Kiev, sia al presidente francese Emmanuel Macron colpevole di aver ipotizzato una presenza militare francese ed europea sul territorio dell'Ucraina. «Le nostre forze strategiche sono sempre pronte al combattimento», spiega Putin con un frase in cui il riferimento a «forze strategiche» cela l'ennesima allusione al possibile ricorso ad armi nucleari. O a rappresaglie destinate ad eliminare i soldati europei già inviati - come ha ammesso ieri il presidente polacco Donald Tusk - a rinforzare le sempre più traballanti linee di Kiev. Detto questo il presidente, al suo quinto mandato, non nega che lo scontro con Kiev e i suoi alleati incominci a farsi pesante. «La Russia attraversa tempi difficili», ammette anticipando il tema dell'incontro con i generali svoltosi subito dopo la parata. Un incontro nel quale annuncia soluzioni per eliminare i droni nemici «che continuano a volare sulle nostre teste come mosche». Nonostante le difficoltà, Putin non rinuncia a solleticare la memoria storica del proprio popolo. «L'Occidente - spiega - vorrebbe cancellare il ricordo della lotta dei russi contro il nazismo, ma noi non dimenticheremo mai, mai». Pur non menzionando l'Ucraina, il riferimento ad un governo di Kiev accusato di riabilitare le forze nazionaliste allineatesi, durante la seconda guerra mondiale, con il Terzo Reich è quanto mai chiaro. Come lo è l'omaggio ai propri soldati impegnati nella cosiddetta Operazione Speciale. «Ci inchiniamo alla vostra fermezza, abnegazione, dedizione. Tutta la Russia è con voi. Crede in voi. Anche i nostri veterani si preoccupano per voi», dichiara Putin.
«Celebriamo il giorno della vittoria nel contesto di un'operazione militare speciale. Tutti i suoi partecipanti, quelli in prima linea, sulla linea di contatto in combattimento, sono i nostri eroi». Ma in tutto ciò il presidente non rinuncia ad una visione internazionalista che punta soprattutto a conquistare e avvicinare i leader africani mediorientali e asiatici. La Russia spiega Putin «farà di tutto per evitare un conflitto globale». Parole con cui scarica sugli Stati Uniti e sulle nazioni europee la responsabilità di una eventuale escalation. O di un allargamento del conflitto.
Secondo il presidente, il popolo e la nazione russa rappresentano il principale e più efficace deterrente alle «pretese di eccezionalità di qualsiasi Stato o alleanza perché sappiamo - conclude - a cosa conducono tali ambizioni irragionevoli». Come dire, il passato ci è testimone. E, se necessario, non mancheremo di replicarlo.
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