Il Qatar continua a fare shopping in Europa. Indisturbato. Tamim bin Hamad al Thani viene ricevuto da Barack Obama con tutti gli onori. La Fifa sconvolge i calendari agonistici di tutto il mondo per garantire l'edizione della Coppa del Mondo che si giocherà fra sei anni nel piccolo Stato del Golfo Persico. In Italia gli investimenti dell'emirato coprono un ampio spettro di settori: dall'immobiliare al turismo, dall'alimentare fino alla moda e al lusso. Quindi non deve stupire se il nuovo obiettivo sono i cieli del Bepaese. Entro la prima metà di quest'anno la Qatar Airways dovrebbe prendere in mano il 49% di Meridiana. Eppure, attraverso individui e organizzazioni autonome con base a Doha, continua anche finanziare e armare gruppi jihadisti.
La scelta del Belpaese come meta privilegiata per lo shopping risale ormai a qualche anno fa. Operazione dopo operazione l'emirato amplia costantemente gli ambiti d'interesse con partecipazioni e acquisizioni. Per restare in Sardegna, nella campagna acquisizione degli ultimi anni si segnala la Smeralda Holding, con i suoi quattro hotel di lusso, di cui i qatarioti hanno conquistato il controllo nel 2012 per 650 milioni. Tra gli altri acquisti eccellenti, anche il Valentino Fashion Group (700 milioni sborsati dalla finanziaria Mayhoola for Investment nel 2012) e il marchio di abbigliamento maschile Pal Zileri (2014). È, invece, del 2013 l'acquisizione per 150 milioni del Four Seasons di Firenze, seconda "tappa" nella stagione dei grandi alberghi, inaugurata con l'Hotel Gallia a Milano, acquistato dal Katara Hospitality nel 2011 e radicalmente ristrutturato, per diventare tra i più lussuosi con suite fino a 20mila euro a notte. Nel 2015 infine è stata la volta del Saint Regis Grand di Roma. Doha, con la Qatar Holding, è dietro anche al progetto Porta Nuova di Milano, iniziato nel 2013 con l'acquisizione di un 40% e ultimato l'anno scorso con il restante 60%. In questo modo, hanno conquistato l'intero quartiere al centro di Milano, tra i più innovativi con il grattacielo più alto d'Italia, quello dell'Unicredit, e il Bosco verticale progettato da Stefano Boeri.
Non manca l'interesse per il settore alimentare dove il Qatar è entrato nel 2014 tramite la joint venture con il Fondo strategico italiano, IQ Made in Italy investment company, con un investimento di 165 milioni nel capitale di Inalca (28,4%), società del gruppo Cremonini attiva nella produzione di carne bovina e distribuzione alimentare all'estero. La fotografia dell'interscambio tra Italia e Qatar, pari a 1,785 miliardi di euro tra gennaio e settembre 2015 con un aumento del 10% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, rilancia l'immagine di rapporti in piena espansione, con grandi potenzialità reciproche.
Più e più volte gli Stati Uniti, Paesi dell'Unione europea e Onu hanno denunciato apertamente le pericolose connessioni del Qatar con i gruppi jihadisti. Ma ogni volta il copione è sempre lo stesso: i finanziatori vengono arrestati e nel giro di poco rilasciati. Un esempio su tutti è Abdulrahman al Nuaymi, un impiegato del ministero dell’Educazione accusato dal Tesoro americano di avere trasferito milioni di dollari ad affiliati di al Qaeda in Iraq, Siria, Somalia, Libano e Yemen nel corso di un decennio. Nonostante il suo nome sia entrato nella lista nera Onu dei finanziatori di al Qaeda, a Doha è un uomo libero. Secondo un anonimo diplomatico occidentale intervistato dal Daily Telegraph, "ci sono fra otto e dodici soggetti in Qatar che raccolgono milioni di sterline per i jihadisti, e non lo fanno nemmeno di nascosto". Secondo l'intelligence statunitense, un emiro dell’Isis, il tunisino Tariq al Harzi, avrebbe ricevuto da un "donatore" qatariota 2 milioni di dollari da usare per le operazioni militari.
Se da un lato il Qatar chiude un occhio sui finanziamenti, dall'altro facilita addirittura la strada ai terroristi. Il ministero degli Affari religiosi invita imam radicali accusati di aver raccolto e trasferito fondi ad al Qaeda, Jabhat al Nusra (la filiale siriana di al Qaeda) e ai tagliagole del Califfato. Hamid Abdulah al Ali, un salafita kuwaitiano, è stato accusato dagli americani di essere "un facilitatore di terroristi che ha procurato sostegno finanziario a gruppi affiliati ad al Qaeda e reclutatore di jihadisti". Nonostante il suo ruolo attivo negli attacchi ai militari americani in Iraq, il ministero degli Affari religiosi gli ha permesso di pronunciare il sermone del venerdì nella grande moschea di Doha. Un altro "moderato" invitato alla corte del Qatar è Hajjaj al Ajmi. "Gli aiuti umanitari ai civili siriani sono importanti, ma la priorità va data al sostegno ai mujaheddin e alla fornitura di armi - ha detto in una conferenza sponsorizzata dal ministero - date il vostro denaro a coloro che lo spenderanno per il jihad, non per gli aiuti umanitari". Non deve, quindi, stupire se gli aiuti ufficiali dell’emirato in Libia e in Siria finiscono nelle casse dei Fratelli Musulmani e dei salafiti. Né deve stupire che Khalifa Subaiy, dirigente della Banca centrale del Qatar, abbia addirittura finanziato Khalid Sheik Mohammed, la mente degli attacchi alle Torri Gemelle e di innumerevoli altri attentati. In Qatar Subaiy viene invitato nel 1993 dall’allora ministro degli Affari religiosi, un membro della famiglia al Thani che lo ospita in sua tenuta fuori Doha dove risiedono altre decine di mujaheddin reduci dall’Afghanistan, tutti affiliati ad al Qaeda.
L'elenco non si esaurisce certo qui. È molto più lungo e ben documentato.
Eppure l'Italia e Matteo Renzi sono disposti a chiudere più di un occhio pur di far entrare denaro sonante nell'Italia in crisi. Come dice il premier: "È il mercato, bellezza". E, nel nome del mercato, ci lasciamo compare da chi finanzia il jihad che sogna di spazzarci via.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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