L'ex presidente del Senato Marcello Pera ribadisce il suo orientamento sul voto e si appella ai giovani.
Il sistema Giustizia potrebbe cambiare. Ci crede in questa battaglia?
«Nella battaglia ci credo, ma mi batte forte il quorum. Ritengo comunque che la quantità di gente che andrà a votare e si esprimerà per il Sì sarà un indicatore importante per promuovere riforme che ormai sono mature. Penso che sia questo il vero obiettivo che ha mosso Salvini, l'incentivo. Dove si trova un ordinamento che prevede che un pubblico ministero sia un magistrato autonomo e indipendente, che dispone della polizia, che ha l'obbligo dell'azione penale, e che se la esercita male fa comunque carriera? E sempre più cittadini stanno comprendendo che questi non sono problemi che dipendono solo da errori o mancanze di singoli, ma da come è congegnato il sistema».
La separazione delle carriere: suo storico tema.
«Quanti sforzi, interventi, scritti, dibattiti, studi e disegni di legge, in questi trent'anni, sempre per sentirci dire quello che il Pd continua a dirci adesso, che si deve salvaguardare la cultura della giurisdizione! Nel frattempo, siamo diventati vecchi, io, il professor Di Federico e tanti altri illustri studiosi».
Lei parla spesso alle giovani generazioni, chiedendo loro di costruire l'Italia del domani. Quella del referendum sulla Giustizia non le pare una tappa essenziale?
«Lo è. E mi appello di nuovo a loro. Sono riforme costituenti e sta soprattutto ai giovani promuoverle. Devono pensare all'Italia in cui vogliono vivere. Suvvia, un po' di ambizione e di orgoglio!».
Anche perché andrebbe sanato una volta per tutte il rapporto tra politica e magistratura.
«Non è difficile. Il giudice deve essere davvero autonomo, anche e soprattutto dalle correnti sindacali organizzate, e assolutamente intoccabile. È un caposaldo dello Stato minimamente liberale.
Il pubblico ministero, invece, no: esercitare l'azione penale è un eminente atto politico che richiama indirizzi e responsabilità politiche. Prima o poi questo funzionario dello Stato deve misurarsi col Parlamento o il governo».
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