«Quando la scorsa estate lessi di questa intercettazione tra me e Legnini, pensai che o intercettavano me, o intercettavano Legnini. Di intercettare me non avevano motivo, mentre per Legnini ne avrebbero avuto». Paolo Cirino Pomicino ricorda bene l'episodio relativo ai retroscena del procedimento disciplinare al Csm contro il pm Woodcock raccontato da Luca Palamara al direttore del Giornale Alessandro Sallusti nel libro-intervista «il Sistema». Palamara rivela che, a luglio 2018, «il leader della corrente di sinistra, Giuseppe Cascini, mi vuole incontrare per annunciarmi che su Woodcock il Csm si deve fermare». Motivo? «Un'intercettazione tra Legnini, vicepresidente del Csm e quindi arbitro della contesa, e l'ex onorevole Cirino Pomicino, in cui Legnini parla molto male del pm napoletano, in possesso dello stesso Woodcock, che è intenzionato a renderla pubblica per dimostrare che il Csm ha un pregiudizio nei suoi confronti».
«Il disciplinare va rinviato, in quel momento Woodcock va salvato. E così sarà», conclude l'ex pm.
«Con Legnini conferma Cirino Pomicino - ho parlato, l'ho incontrato per caso in un bar vicino al Csm, e abbiamo scambiato qualche battuta: avevamo un giudizio negativo su Woodcock, credo condiviso dal 90 per cento degli italiani, cioè è una cosa normalissima».
Che però avrebbe creato le premesse per la storia che racconta Palamara.
«Io, siccome questa intercettazione arrivava da Napoli, ho scritto al procuratore capo, Giovanni Melillo, che nel 1993, con Franco Roberti e Paolo Mancuso, mandò un avviso di 416 bis a me, Gava e Scotti, i leader della Dc napoletana, nello stesso giorno in cui la procura di Palermo lo mandava ad Andreotti. Poi noi siamo stati naturalmente assolti, e loro hanno fatto carriera. Ma al di là dei ricordi, gli ho scritto per chiedere se mi avessero intercettato e chi aveva deciso dell'intercettazione, oltre a chiedere copia dell'eventuale intercettazione».
Ha avuto risposta?
«Un mese dopo Melillo mi ha scritto, negando qualsiasi possibilità di darmi una copia con una serie di articolazioni dotte. Poi si è saputo subito dopo che quell'intercettazione sarebbe stata tra me e Romeo, al quale avrei raccontato di aver incontrato Legnini e che avevamo un giudizio negativo su Woodcock. Dunque Melillo non ha voluto dirmi una notizia che però poi è finita sui giornali».
E perché?
«Forse perché dicono di averla intercettata tra me e Romeo, ma non è vero. I difensori di Romeo hanno copia di tutte le intercettazioni del loro assistito, questa non c'è. Dunque quella uscita sui giornali era una bugia, mentre molto probabilmente l'intercettato era Legnini. D'altra parte perché mai avrebbero dovuto intercettare me, che non ero indagato, o Romeo, che era già a processo? Se questo è lo scenario, il silenzio di Melillo è un silenzio imbarazzato, e quella lettera di diniego spedita solo perché non poteva dirmi che intercettavano Legnini».
Che effetto le fa pensare che per quella chiacchierata con Legnini il procedimento di Woodcock sarebbe stato «sospeso»?
«Nessun effetto, a parte fare una banale considerazione: questo è il terzo potere dello Stato in via di distruzione.
In Italia i tre poteri - quello esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario stanno messi tutti molto male, e sono profondamente solcati da fratture e da contrasti. Uno Stato che ha i suoi tre poteri in queste condizioni è uno Stato che lentamente declina, come purtroppo vediamo ogni giorno e in ogni direzione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.