Quegli angoli di disperazione nascosta tra le villette del quartiere borghese

Una calma apparente in cui si insinuano criminalità e povertà

Quegli angoli di disperazione nascosta tra le villette del quartiere borghese

Milano. A due passi dall'istituto neurologico Besta e dal Politecnico - istituzioni che il mondo ci invidia - l'angolo di strada tra via Cesare Saldini e via Sandro Botticelli che ospita il cassonetto giallo della Caritas per la raccolta di indumenti usati e dove venerdì in serata è stato ritrovato il cadavere della neonata, è una curva tranquilla di una zona, quella a est di Milano, particolarmente amata dai milanesi. Che qui, nel quartiere di Città Studi, abitano gli stabili sorti tra le villette a schiera di via Beato Angelico, quelle liberty di piazza Aspari e piazzale Ferravilla, in un mosaico di strade e stili architettonici, tra il pavé e l'asfalto, tra un passato e un presente immobiliare a molti zeri. Si illudono così di vivere in una sorta di «quasi oasi» non immune però da angoli di desolata incuria e spesso mal frequentati, come le case popolari tra via Arnò, via Carlo Forlanini, via Amadeo e via Visconti D'Aragona, fino alla zona dei giardinetti di largo Murani e via Caruso. Un degrado che spesso di dignitoso ha solo l'apparenza, nascosto dagli alti portoni di metallo e dalla vegetazione di giardini privati appariscente ma poco curata.

Non un «buco nero» di abusivismo e povertà, o una casbah fuori controllo, quindi, ma piuttosto un dedalo di strade in cui si mischiano palazzi Aler, stabili residenziali, che passano di mano a prezzi vicini ai 4mila500 euro al metro quadro da quando è stata inaugurata la nuova stazione Argonne della M4.

Non a caso la zona era stata presa di mira dai «ragazzi» del Collettivo Lambretta che nel 2012, in via Apollodoro e in piazzale Ferravilla, avevano occupato due villette Aler per poi spostarsi, poco lontano, nell'ex sede dell'istituto Rizzoli per l'insegnamento delle arti grafiche in piazza Occhialini. Quel periodo, dal punto di vista dell'ordine pubblico, resta davvero indimenticabile per i residenti e naturalmente per le forze dell'ordine.

Capita anche qui, e non di rado, di notare rifiuti ingombranti abbandonati fuori dai palazzi, soprattutto da quando, da due anni, dei cestini stradali di via Carlo Forlanini ne è rimasto solo uno, mentre hanno tolto quelli in via Amadeo. La scusa è che disincentiverebbero la raccolta differenziata. Il risultato: i marciapiedi sono pieni di deiezioni canine che nessuno pulisce. O di cocci di bottiglie perché di notte è diventato un luogo di ritrovo per chi vuole fare baldoria, senza contare l'intensa attività di spaccio da cui ovviamente non è immune nemmeno questa zona di Milano.

Non sorprende quindi che, anche in un area dalla «copertina» così piacevole e vagamente retrò, si nascondano sacche di profondo disagio. Lo stesso che può aver spinto una donna a mettere al mondo una neonata per poi abbandonarla, immediatamente dopo il parto, accanto a un cassonetto nella speranza che qualcuno la trovasse e le salvasse la vita.

Una madre che potrebbe essere di etnia sinti (quindi nomade) ma anche semplicemente vittima di quella povertà, economica e mentale, che non fa vedere a un palmo dal proprio naso. Persino nella Milano mitteleuropea del sindaco Sala.

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