È di nuovo tempo di caminetti nel Pd. Si cerca la strada per una tregua che salvi il «soldato Schlein». Dopo il tracollo elettorale, si muovono i pontieri. Martedì mattina, nel day after del tonfo alle comunali, in una caffetteria in piazza San Silvestro a Roma, c'è stato un lungo faccia a faccia, ovviamente riservatissimo, tra Debora Serracchiani, ex capogruppo Pd, vicina all'ala di Bonaccini e Guerini, e Igor Taruffi, braccio destro della segretaria e responsabile nazionale dell'organizzazione del partito.
Più di un'ora di colloquio, per trovare un compromesso in grado di far cessare il fuoco contro Schlein in vista di una direzione nazionale che dovrebbe tenersi a inizio della prossima settimana. L'arringa della Serracchiani (in larga parte accolta e condivisa dall'interlocutore) trova la sintesi nello sfogo: «Con la strategia di Elly stiamo consegnando il Pd all'irrilevanza politica». Che poi è il pensiero, ma anche il timore, che serpeggia tra le correnti dem. Serracchiani avrà il compito di recapitare a Guerini, De Micheli, Bonaccini, i capi delle anime più agguerrite, il messaggio della segretaria: «Ho bisogno di tempo». Chiara Gribaudo, deputata della scuderia Schlein e numero due del partito, lo dice chiaramente: «L'esito delle ultime amministrative rappresenta uno stimolo a rafforzare il rinnovamento del partito democratico rendendolo più moderno, capace di intercettare i nuovi bisogni. Suggerirei ai leader degli altri partiti di opposizione di darsi da fare durante le elezioni, piuttosto che attraverso le interviste di posizionamento tattico del giorno dopo. Direi, poi, che il nuovo corso del partito è rappresentato da un fatto significativo: la segretaria ci ha messo la faccia, e non ho visto mai leader politici, segretari del partito, prendere in carico di una responsabilità, di fatto non sua, come ha fatto lei. Elly Schlein è stata davvero esemplare». Dario Franceschini, sponsor numero uno di Schlein, prova a mettere un cordone di sicurezza: «Aspettiamo le Europee». La segretaria è sotto assedio ma non rinuncia al contrattacco: «Mettetevi comodi perchè siamo qui per restare, lo voglio dire a tutti. Abbiamo grandi battaglie da fare, e dare una speranza a questo Paese. Lo facciamo tenendo botta». Nel rullo di dichiarazioni si inserisce Andrea Orlando: «Il Pd ha problemi strutturali che non potevano essere risolti in pochi mesi». Il secondo caminetto va in scena a poche centinaia di metri di distanza da piazza San Silvestro. Nei corridoi di Montecitorio si appartano Piero De Luca e Simona Bonafè. In questo caso i malumori non si contano: «Un disastro», attaccano i due parlamentari. Sul tavolo c'è il tema della riorganizzazione degli uffici di presidenza del gruppo alla Camera. De Luca, forte anche del risultato ottenuto dal Pd in Campania, vuole la riconferma come vice. Schlein non cede. Un big, con un passato da ministro, ovviamente posizionato nelle truppe dell'opposizione interna a Schlein, ironizza: «La riunione della segreteria convocata nelle ore successive al voto sembrava l'incontro degli alcolisti anonimi». Schlein è in difficoltà. E dalla Campania, il suo principale nemico Vincenzo De Luca, mette sul tavolo le uniche vittorie ottenute dal partito alle ultime comunali: «Siamo la nuova Emilia rossa».
Un messaggio di guerra alla leader che dal proprio canto non vuole la ricandidatura per il terzo mandato dello sceriffo. E anche su questo argomento, il governatore è netto e duro con la sua leader: «Siamo sulla linea di Kim II sung».
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