Con il «Sì» cure uguali per tutti per ogni patologia: dal cancro al diabete. Matteo Renzi meglio di Vanna Marchi. Ricordate le capacità affabulatorie della televenditrice che passava con disinvoltura dalla creme anticellulite alle pozioni anti iella? Ecco ora anche il premier ha trovato una cura miracolosa per tutti i mali: il «Sì» al referendum.
Nella guerra tra «Sì» e «No» per la riforma della Costituzione il premier ha tirato fuori l'arma finale: la salute degli italiani. Argomento sul quale non si intende scherzare perché serissimo. Poco serio invece il metodo di propaganda con il quale Renzi e i suoi ministri cercano di spingere gli italiani a votare «Sì» suggerendo l'idea che all'indomani della consultazione popolare all'eventuale vittoria del «Sì» conseguirebbe la rinascita del servizio sanitario nazionale. E questo semplicemente perché la riforma riporta in capo allo Stato «le disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare» e dunque per i sostenitori del «Sì» si eliminerebbero le disparità di accesso alle cure tra regione e regione. Insomma secondo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, la sanità calabrese funzionerà come quella veneta, così come d'incanto. Il punto è che la sanità veneta funziona perché è ben amministrata. Non dallo Stato ma dalla Regione. E la riforma non è una panacea perché comunque i fondi anche oggi li stanzia il governo e se si taglia si taglia per tutti.
La propaganda è partita in modo soft con il ministro Maria Elena Boschi che ospite del programma Politics su Raitre ha evidenziato come con la riforma si potrebbe evitare il cosiddetto pendolarismo per le cure oncologiche: dato che la sanità funzionerebbe meglio in tutte le regioni non si sarebbe più costretti a spostarsi al Nord. Poi il tono è salito due sere fa durante Porta a Porta. Incalzati da Vespa e dai sostenitori del «No», Giovanni Toti, il governatore della Liguria, Giorgia Meloni, Fdi e, Alfredo D'Attorre, Si, Renzi e la Lorenzin si sono lanciati in una appassionata difesa del «Sì» tirando in ballo un ipotetico «bambino con sospetto diabete» che ora, con il sistema attuale, si trova di fronte un muro, liste d'attesa e incertezza mentre con la riforma avrebbe lo stesso accesso a qualsiasi presidio terapeutico a prescindere dalla regione di residenza. Affermazioni azzardate tanto da indurre la Meloni a confessare di trovarsi in difficoltà «in un dibattito sulla riforma che mette in mezzo i bambini malati di diabete». L'ultimo arruolato alla propaganda dal ministero della Salute è un medico, il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi.
«Il referendum costituzionale è l'ultima possibilità che abbiamo di cambiare le cose - dice - Dobbiamo prenderci la responsabilità di votare Sì, e di puntare sulla prevenzione e sull'empowerment dei cittadini». Con empowerment si intende una maggiore responsabilizzazione dei cittadini rispetto alla loro salute. Che per il momento però si è concretizzata solo nella maggiore spesa a loro carico.
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