Quei compagni che fregano: condannati Comunisti e Idv

Nel 2005 intascarono ingiustamente i rimborsi elettorali in Calabria. Ora dovranno restituire 143mila euro a un'associazione Il ruolo di Bianchi, l'ex ministro dei Trasporti del governo Prodi

Quei compagni che fregano: condannati Comunisti e Idv

A chi i soldi? A noi. Compagni alle urne, capitalisti all'incasso. Ciò che resta di Idv e Pdci, decimati dagli italiani col voto, dovrà restituire più di 142.000 euro ad un'associazione insieme alla quale dieci anni fa s'era presentato alle Regionali calabresi, guadagnando col 4,6% dei voti il diritto a godere dei rimborsi elettorali. In totale, un bonus da quasi 450.000 euro finito, al momento della spartizione, solo nelle casse di dipietristi e postcomunisti. E lì destinato a rimanere ancora per poco, visto il Tribunale di Roma ha riconosciuto che quei denari andavano invece equamente divisi.La sentenza dei giudici capitolini chiude (per il momento) la storia d'una faida consumata tutta a sinistra, tra gli alfieri della lotta alla casta e della giustizia sociale. Brandite come scimitarra contro gli avversari, accortamente riposte al momento di spartire il bottino. Della (presunta) purezza Idv e Pdci avevano fatto un marchio ideologico anche in Calabria, accettando l'invito all'unità delle forze progressiste lanciato da «Progetto Calabrie», il soggetto politico fondato da esponenti del mondo accademico e presieduto dall'ex deputato comunista Giuseppe Pierino.

È il 2005: il triciclo elegge un consigliere e mette insieme i consensi necessari a far scattare i rimborsi elettorali. Ed il vento soffia talmente forte nelle vele che l'anno dopo, alle Politiche, l'esperimento porta alla confluenza nelle liste dell'Unione prodiana ed alla chiamata al governo di uno degli alchimisti della sperimentazione, Alessandro Bianchi, all'epoca rettore dell'università di Reggio Calabria. Bianchi va a dirigere il ministero dei Trasporti, ma presto rompe coi suoi sponsor. E i professori, rimasti soli, si vedono scippare finanche il portafogli. Il 12 ottobre del 2007 Pierino prende carta e penna e scrive presidente della Camera, Fausto Bertinotti, visto che a saldare i conti deve essere Roma. Reclama le somme spettanti alla sua associazione, circa 150.000 euro, considerato che l'impegno di procedere ad una divisione in parti uguali delle somme spettanti era stato ratificato con tanto di scrittura privata. Ma il subcomandante fa orecchie da mercante. E poco importa che dell'ufficio di presidenza che rigetta la richiesta faccia parte pure Silvana Mura, uno dei tre soci del movimento dipietrista e custode delle chiavi della cassa dell'Italia dei valori: il conflitto d'interessi non vale per la sinistra.Inizia allora la trafila giudiziaria.

Al centro della scena, il meccanismo escogitato per rastrellare fino all'ultimo centesimo: una semplice ma infondata autocertificazione con la quale si attesta essere nata la lista calabrese destinataria di contributi pubblici «da un accordo congiunto tra Idv e Pdci». Tesi smentita, l'altro ieri, dal Tribunale. Con i due partiti condannati a restituire ciascuno 71.579 euro a «Progetto Calabrie» ed a pagare altri 25.000 euro di spese legali. Il prezzo della finta superiorità morale.

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