Continua il profumo-gate che coinvolge il deputato del Pd Piero Fassino, accusato di aver rubato una boccetta di Chanel del valore di 130 euro al duty free dell'aeroporto di Fiumicino. A mettere in imbarazzo il parlamentare c'è un video, che contraddice la sua versione dell'accaduto. E poi ci sono le testimonianze di alcuni addetti del negozio dello scalo romano. Secondo i dipendenti ci sarebbe addirittura un precedente, in tutto e per tutto simile a ciò che sarebbe avvenuto a metà aprile. In quell'occasione, stando a quanto trapela, l'ex ministro della Giustizia però non sarebbe stato fermato. Proprio in quanto recidivo, dunque, sarebbe scattata la denuncia per i fatti del 15 aprile scorso, quando Fassino stava per imbarcarsi a Strasburgo, dove era atteso per una riunione con alcuni parlamentari europei. Ecco perché i vigilantes dell'aeroporto lo avrebbero tenuto d'occhio. Sempre per questo motivo, gli agenti della Polizia di frontiera aerea, che stanno seguendo le indagini, stanno ascoltando anche alcuni dipendenti del duty free che non erano in servizio il giorno del presunto furto di una decina di giorni fa.
Ma non ci sono soltanto le testimonianze dei dipendenti dell'esercizio commerciale dell'aeroporto di Fiumicino. Anche i video delle telecamere di servizio contraddirebbero la versione di Fassino. L'esponente del Pd, infatti, si era giustificato parlando di una distrazione. «Mi è squillato il cellulare e ho poggiato il profumo nella tasca della giacca», aveva detto l'ex Guardasigilli. Solo che nei filmati visionati dagli investigatori si vede il deputato che si mette il profumo in tasca, senza parlare al telefono. Inoltre Fassino sarebbe uscito dal duty free prima dell'intervento della sicurezza. Un'altra contraddizione: il parlamentare, infatti, aveva raccontato di essere stato fermato quando ancora era all'interno del negozio, mentre si stava avviando verso le casse. Tutte queste circostanze sono al vaglio della Procura di Civitavecchia, che sta indagando per tentato furto dopo la denuncia partita dal duty free di Fiumicino. Con Repubblica Fassino prova ancora a difendersi: «Non ho mai detto di essere al telefono, ho detto che avevo il telefono in mano». E ancora: «È stato un equivoco, un malinteso, non volevo rubare una boccetta di profumo. Pensavo si fosse chiarito tutto». Infine lo sfogo: «È uscito quello che doveva uscire. Ora basta, l'accanimento è un'altra cosa. La cosa mi fa stare male». Speculari le dichiarazioni di Fulvio Gianaria, avvocato di Fassino: «Un banale e increscioso episodio si sta clamorosamente trasformando in una aggressione mediatica, un vero e proprio processo parallelo che trova come unica spiegazione il cognome noto del cittadino coinvolto».
Sullo sfondo c'è l'ipotesi dell'apertura di un fascicolo giudiziario, con tanto di voto della Camera sull'autorizzazione a procedere, dato che il deputato gode dell'immunità parlamentare.
L'alternativa è un ritiro della querela da parte del duty free, dato che l'ex segretario dei Ds si è già offerto di saldare il conto. Una via d'uscita possibile, perché per tentato furto i magistrati procedono solo in caso di querela di parte. Un altro salvacondotto potrebbe esserci se l'accusa propendesse per la «tenuità del fatto».
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