Quei fortini rossi dell'Emilia che hanno tradito Bonaccini

L’Emilia Romagna è sempre meno ‘rossa’. Il centrosinistra ha vinto, ma l'erosione di consensi continua e la Lega si è affermata nelle province di Piacenza, Ferrara, Parma e Rimini

Quei fortini rossi dell'Emilia che hanno tradito Bonaccini

L’Emilia Romagna è rimasta ‘rossa’. Il centrosinistra ha vinto, ma, a bocce ferme, è lecito domandarsi se siamo di fronte al primo vero tonfo di Matteo Salvini oppure alla miglior sconfitta di sempre del centrodestra.

I risultati elettorali delle Regionali in Emilia Romagna

Guardando il risultato finale non ci sarebbero dubbi. Il governatore uscente Stefano Bonaccini ha vinto con il 51,4% contro il 43,6% di Lucia Borgonzoni e il Pd è rimasto primo partito della Regione col 34,7% a fronte del 31,9% ottenuto dalla Lega. In teoria una sconfitta netta, considerato anche il fatto che, a differenza di cinque anni fa, ha votato quasi il 30% in più degli emiliano-romagnoli: si è passati dal 37,8% del 2014 al 67,7%. La scarsa affluenza, alle ultime elezioni Regionali, è da considerarsi un’anomalia dovuta alle dimissioni anticipate dell’ex governatore Vasco Errani che venne condannato in primo grado nell’ambito del processo sul caso “Terre emerse”, inchiesta dalla quale venne assolto due anni dopo. Non solo. L’allora segretario del Pd, Matteo Renzi dovette scegliere tra due fedelissimi: Matteo Richetti e Stefano Bonaccini, entrambi indagati (poi assolti) per l’inchiesta sulle “spese pazze” che investì molti ex consiglieri regionali dell’Emilia Romagna. Stavolta, invece, l’aumento di partecipazione è stato dettato dalla polarizzazione dello scontro politico voluta da Salvini e dalla conseguente mobilitazione voluta dalle “sardine” di Mattia Sartori. Se da un lato è vero che i consensi per Bonaccini sono leggermente aumentati (dal 49% al 51%), è altrettanto vero che il distacco dal suo sfidante si è notevolmente ridotto. Nel 2014, infatti, il leghista Alan Fabbri, attuale sindaco di Ferrara, si fermò al 29, 8%, mentre la Borgonzoni, col 43,6%, ha ottenuto 14 punti percentuali in più. Certamente non un risultato pessimo per una candidata che è stata dipinta come debole e inconsistente Ma non solo. Nicola Zingaretti gongola per il 34,7% conseguito ieri, ma dovrebbe ricordarsi che cinque anni fa il Pd ottenne il 44,5% e, quindi, l’emorragia di consensi per la sinistra emiliano-romagnola non si è affatto fermata.

L'avanzata della Lega

La Lega, pur arretrando di circa 2,5 punti percentuali rispetto alle Europee dello scorso maggio quando divenne primo partito della Regione, ottiene una considerevole avanzata rispetto alle ultime Regionali. Se nel 2014 si era fermata al 19,4%, col voto di ieri è passata al 31,9%, pari a un +12,5%. Cinque anni fa, poi, il centrodestra e la Lega vinsero solo nella provincia di Piacenza dove Fabbri prese il 47% e il Carroccio il 28,2%, mentre stavolta la Borgonzoni si afferma anche nelle province di Parma, Ferrara e Rimini. Ma vediamo nel dettaglio. A Piacenza la senatrice leghista ottiene la percentuale più alta, sfiorando il 60%, mentre il suo partito vola al 44%. Bonaccini si attesta sempre intorno al 37%, mentre il Pd subisce un tracollo perdendo 11 punti (dal 35% al 24%). A Ferrara le cifre sono leggermente più basse: 55% per la Borgonzoni e 42% per la Lega. Nel 2014 Fabbri ottenne il 40,5%, mentre il partito che era già sotto la guida di Salvini prese al 26,2%. Discorso diverso per Bonaccini che qui, nel 2014, vinse col 43%, superando di due punti e mezzo il leghista Fabbri, mentre il 40% del Pd è solo un lontano ricordo. Stavolta i dem si fermano al 28% (-12). Nella provincia di Parma, laddove l’attuale sindaco di Ferrara si fermò al 34%, la Borgonzoni sfiora il 50% e la Lega passa dal 24% al 36,5%. Bonaccini si afferma, invece, sempre al 45%, ma il suo Pd passa dal 39,7% al 28,7% (-11 punti). A Rimini la candidata leghista l’ha spuntata di poco (47,6% a 46,4%), mentre nel 2014 Fabbri ottenne il 30,7% contro il 43,5% di Bonaccini. Qui la Lega è passata dal 17,8% al 34,5% in soli cinque anni, a differenza del Pd che dal 40,7% si è fermato al 31,6% (-9,1%).

La debaclè del Partito Democratico

La Lega, nonostante la sconfitta, ha aumentato i suoi consensi anche nelle province in cui si è affermato Bonaccini. Bologna, dove il governatore uscente ha ottenuto il 59,7% (contro il 35,7% della Borgonzoni), ha visto un travaso di voti del 5% dal Pd alla Lega con i dem che sono scesi dal 44,5% al 39,3%, mentre il Carroccio è salito dal 19,4% al 24,2%. Nella rossa Reggio Emilia, dove Bonaccini si conferma il più votato col 55% dei voti (contro il 39,3% della Borgonzoni), il Pd crolla dal 50,5% al 39,4%, mentre la Lega raddoppia quasi i suoi voti passando dal 15,5% al 30%. Molto interessante anche il dato di Modena, la provincia d’origine di Bonaccini, il quale batte la Borgonzoni 53% a 42%, a differenza di cinque anni fa quando il distacco tra i due contendenti era assai superiore (Bonaccini 51,2% e Fabbri 27,6%). Notevoli anche le differenze tra i due partiti: se la Lega cresce dal 18,6% al 31,6%, il Pd cala dal 47,3% al 35,7%. A Ravenna ci sono più 10 punti di distanza tra i due candidati: Bonaccini 52,8% e Borgonzoni 42,1%. Tantissimo? Sì, ma comunque sempre molto meno del 2014 quando il governatore uscente batté il leghista Fabbri 52,6% a 27%. Sul fronte dei partiti, invece, il Pd crolla dal 48,6% al 37,6% (-11 punti percentuali), a fronte di una crescita notevole della Lega che passa dal 20% al 31% (+11%). Infine, in provincia di Forlì-Cesena, è stata decisamente più contenuta la vittoria di Bonaccini: 50% a 44,3% contro il 47,8% al 30% preso nel 2014 a danno di Fabbri. Per non parlare della terribile debaclè subita dal Pd che dal 47% è calato al 33,7% (-13,3%), a fronte di un successo della Lega che dal 20% ha raggiunto il 32,7%, segnando un +12,7%.

Tutti dati che confermano come l’Emilia Romagna sia ancora rossa e, allo stesso tempo, anche molto più salviniana. A dispetto di quel che sarà la vulgata comune, soprattutto tra le “sardine” che, ricordiamolo, in questa campagna elettorale hanno preso zero voti. Nessun candidato, nessun voto.

Il loro leader Mattia Sartori non ha neppure voluto rivelare a chi avrebbe destinato il suo voto e, quindi, non sapremo mai quanti consensi ha avuto il suo partito di riferimento. Un dato è certo: il Pd arretra, la Lega cresce.

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