Ora che la scintilla della violenza anarchica ha infuocato - in alcuni casi, purtroppo, nel vero senso della parola - l'Italia, è giusto rimettere in fila tutte le cose e dare a ciascuna il proprio peso.
Adesso che è evidente e palmare quanto dietro i movimenti anarco insurrezionalisti ci sia una struttura criminale, disposta a ogni cosa pur di scardinare dalle fondamenta la solidità dello Stato, bisogna mettere i puntini sulle i: non si può difendere chi, in un modo o nell'altro, palesemente o larvatamente, per difendere i propri interessi tutela anche quelli dei mafiosi che sciolgono i bambini nell'acido. Di fronte all'abominio e alla mostruosità delle mafie non possono esistere «compagni che sbagliano», non possono esserci cedimenti alla fascinazione dell'eroe negativo. Una certa sinistra, quella degli appelli e delle manifestazioni permanenti, quella degli intellettuali sempre pronti a stare dalla parte sbagliata nel nome di qualche sedicente giusta causa (quasi sempre la propria visibilità), di fronte al caso Cospito rimane nuda. Non basta la legittima, ma opinabile, critica nei confronti del regime carcerario duro. Non è certo solidarizzando con chi solidarizza con i mafiosi, con chi chiede la rimozione per tutti i criminali dal 41-bis - come abbiamo scritto ieri su queste colonne - che si induce la politica, la magistratura e l'opinione pubblica a rivedere il più severo dei provvedimenti di reclusione. In questo modo la lotta contro il carcere duro diventa vittima della sudditanza ai deliri e alle rivendicazioni politiche di Cospito. Così come lo stesso leader anarchico è ostaggio della violenza dei suoi compagni che, bruciando auto e attaccando le istituzioni, confermano proprio quanto il legame con il loro capo sia ancora attivo e - per paradosso - confermando, quindi, l'utilità del suo isolamento. E capiamo perfettamente l'imbarazzo di chi, come alcuni parlamentari dem, fino a ieri è andato legittimamente a trovare Cospito e ora, con malcelato imbarazzo, fa finta di nulla e vorrebbe che tutti tacessero.
Sarebbe bastato leggere la fedina penale del numero uno degli anarco insurrezionalisti, il sopraccitato gambizzatore, per capire che era meglio non aver nulla a che fare con lui e adesso attaccare chi ha diffuso la notizia (vedi Donzelli) è come guardare il dito invece che la luna. Quando il problema è un altro: la solita sinistra - fortunatamente sempre più residuale - che flirta con violenti e sovversivi.
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