Il disimpegno del Pd, che è concentrato sullo scontro interno e che de facto è privo di una guida prospettica, apre spazi inaspettati al Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte e al Terzo Polo di Carlo Calenda che possono contendersi la guida dell'opposizione. Anche il segretario della Cgil Maurizio Landini intravede una prateria: il ritrovato protagonismo sindacale non è casuale. Ognuno veste l'abito che ritiene migliore per questa fase. Il contismo è ormai intriso di ecologismo, assistenzialismo, pacifismo e statalismo: l'obiettivo è ereditare tutti i tratti segnanti della sinistra italiana, condendo il tutto con il populismo indefinito.
Il leader di Azione toglie la maschera una volta per tutte: «Io credo - ha dichiarato ieri durante In Onda, su La7 - che nel M5s non ci sia niente di sinistra». A differenza del Terzo Polo, dove il fattore sinistra conterebbe «molto». «Abbiamo detto che ogni euro dello Stato doveva essere investito su sanità e istruzione», ha insistito l'ex ministro per lo Sviluppo economico. Insomma, la corsia in cui si corre la gara è la stessa per tutti, mentre i distinguo della campagna elettorale tendono ad assopirsi. Che il Pd sia in difficoltà lo ammettono gli stessi dem: «Il rischio è alto - dice a Il Giornale Enza Bruno Bossio, in relazione al fatto che il Pd possa perdere lo scettro di riferimento dell'opposizione parlamentare - lo abbiamo già provato al Sud, con i 5 stelle che sono stati molto più riconoscibili di noi verso i ceti più deboli. O si avvia un effettivo percorso rifondativo e identitario del Partito Democratico, mettendo per sempre in soffitta gli accordi tra capo correnti nazionali, oppure siamo destinati al declino». Il professor Stefano Ceccanti, un altro esponente di peso che non siederà in Parlamento per questa legislatura, ne fa anche una questione di tempistiche: «Ovviamente loro giocano a polarizzare su di loro», premette, riferendosi tanto al capo grillino quanto al leader del Terzo Polo. «Noi - aggiunge - avremo il problema di questa fase di transizione che dura fino a marzo. L'opposizione è un problema di leadership e ci sarà una difficoltà fino a marzo - ripete - . Questo è un problema oggettivo». Un po' di ottimismo rimane: «Si tratta comunque di un problema transeunte. E questo a catena richiama anche ad un altro problema: secondo me - fa presente Ceccanti - la polemica sul perché non si è votato e si sono fatti governi anomali nel 2011 e nel 2019 va impostata in maniera diversa. Non si è votato quando sono implosi gli altri perché non eravamo pronti con una proposta di governo, perché non lo erano né Bersani né Zingaretti». La chiosa può essere un messaggio per la leadership che verrà: «Quindi l'opposizione serve a delineare il governo alternativo».
La sinistra esterna tanto al Pd quanto al Terzo Polo ha fretta: ieri su Il Fatto Quotidiano è stata pubblicata una lettera che prelude all'organizzazione di un'assemblea di un polo progressista che si organizzi attorno alla leadership dell'ex premier gialloverde e giallorosso. Tra gli altri, hanno firmato Stefano Fassina, Loredana De Petris, Alfonso Pecoraro Scanio, Paolo Cento e Angelica Gatti.
Il Pd, che per le elezioni politiche ha scelto di non scegliere tra i due mondi con cui avrebbe potuto allearsi, è ora
schiacciato in una morsa che è doppia e che non ha intenzione, da una parte e dall'altra, di arrestare la sua Opa sull'opposizione. Per ora al Nazareno continuano a sfogliare la rosa dei papabili per la futura segreteria.
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