Quell'asse tra pm e stampa amica sulle veline illegali e il ruolo del M5s

Cafiero de Raho, ora grillino, guidava l'ufficio da dove partivano i dossier

Quell'asse tra pm e stampa amica sulle veline illegali e il ruolo del M5s
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Non tutto torna, non tutto è chiaro. La mossa a sorpresa della Procura di Perugia di chiedere l'arresto di Antonio Laudati, ex sostituto procuratore nazionale Antimafia, e del finanziere Pasquale Striano aiuta a capire una cosa: che la gravità delle prove a carico dei due è ancora maggiore di quanto si avesse capito finora. Hanno lasciato tracce inequivocabili delle loro incursioni nelle banche dati segrete, hanno lasciato traccia dei file passati ai giornalisti amici e trasformati in diretta, quasi sotto dettatura, in articoli contro gli avversari politici di turno. E hanno lasciato traccia anche i maldestri tentativi di Laudati e Striano, una volta finiti sotto inchiesta, di manipolare l'indagine, di insabbiare le prove.

Poi, però, c'è il resto. Che riguarda due fronti: le complicità - o almeno le tolleranze - di cui i due godevano, e gli obiettivi con cui si muoveva l'alleanza tra magistrato, finanziere e stampa. Sulle coperture di Laudati esiste un dato inequivocabile: il flusso di notizie segrete che approdavano al Domani era sotto gli occhi di tutti da mesi, ed era evidente che le notizie erano alimentate quasi soltanto dalle Sos, le segnalazioni di operazioni sospette gestite dall'ufficio di Laudati e Striano. Quando alla Dna è arrivato il nuovo capo Giovanni Melillo ha impiegato mezz'ora a individuare il bubbone, e ha soppresso l'ufficio. Prima, il traffico andava avanti indisturbato sotto gli occhi del predecessore di Melillo: Federico Cafiero de Raho, oggi parlamentare 5 Stelle e vicepresidente della Commissione Antimafia. Era semplicemente distratto, Cafiero? No, secondo Laudati: che in una delle sue poche dichiarazioni pubbliche, nella primavera scorsa, disse a Repubblica: il mio capo sapeva tutto.

È un caso che tra i bersagli preferiti dei dossier confezionati da Striano ci fossero esponenti politici (dal centrodestra a Matteo Renzi) invisi al Movimento 5 Stelle, cioè il partito che arruola e candida Cafiero de Raho appena finito il mandato? Di questo la Procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone non si è occupato. Ma il problema esiste, e grosso come una casa, in Parlamento. La Commissione Antimafia si è occupata in profondità del caso, ha interrogato sia Melillo che Cantone, che ha parlato di «numeri mostruosi», di un «mercato che non si è fermato», e ha spiegato che «Striano non ha agito da solo». Ora le nuove carte, e sono migliaia di documenti, dei pm di Perugia stanno per venire mandate anche all'Antimafia. Cafiero de Raho si troverà in mano documenti che riguardano la sua gestione della Dna. È ragionevole, è accettabile? «Niente affatto - taglia corto Maurizio Gasparri, membro della Commissione per Forza Italia - lo diciamo da mesi, Cafiero se ne deve andare».

E poi, a rendere tutto ancora più complicato, c'è il «caso Trocchia». Perché uno dei tre giornalisti del Domani che beneficiavano dei dossier di Laudati è Nello Trocchia, lo stesso che ora è indagato insieme alla moglie per violenza sessuale ai danni di un'altra giornalista. «Viviamo in un mondo stranissimo - dice ancora Gasparri - le indagini per violenza sessuale vanno avanti per anni, ora si scopre che un giornalista che riceveva i dossier da un magistrato è stato a sua volta indagato ma è stata chiesta l'archiviazione dell'indagine senza nemmeno interrogare la vittima».

E, salvo smentite, senza nemmeno sequestrare il cellulare di Trocchia: che negli stessi mesi in cui era indagato per stupro avrebbe potuto raccontare qualcosa di interessante anche sul mercato dei dossier. Ma adesso è tardi.

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