Quelle trame targate Pd per un Conte-bis senza Lega

L'asse tra 5Stelle e dem è già operativo in Europa con Sassoli. Ora può arrivare a Roma con Franceschini

Quelle trame targate Pd per un Conte-bis senza Lega

Mentre a Roma il Pd fa l'opposizione e i Cinque Stelle fanno la maggioranza, a Bruxelles i giochi sono diversi.

Il Parlamento europeo sta diventando la palestra di nuove collaborazioni che potrebbero, un domani piuttosto vicino, allargarsi anche all'Italia.

E il caso Russiagate, che rischia di mettere Salvini all'angolo e di far saltare i nervi nella maggioranza, rende assai meno fantapolitico lo scenario di un possibile ribaltone. Non a caso, in queste ore febbrili, sono per primi gli uomini di Salvini a confidare il proprio timore che di qui a breve possa nascere «un governo Conte bis» con maggioranza Pd-M5s.

I numeri, sulla carta, ci sarebbero: 345 deputati, 163 senatori contando anche i voti di Leu. Senza contare che molti altri peones potrebbero aggiungersi, pur di evitare elezioni anticipate. Anche perché la cosiddetta «riforma» grillina che taglia il numero dei parlamentari, e che sta per concludere il suo iter, è un formidabile deterrente contro il voto: con meno posti in palio, sono molti meno anche gli uscenti che possono sperare di rientrare.

La figura chiave per decifrare questo possibile scenario è quella del neo presidente dell'Europarlamento David Sassoli. Parlamentare europeo pd di lunga esperienza, fiore all'occhiello della corrente Franceschini (primo appassionato sponsor del governo con i grillini) e un forte legame con il presidente Mattarella, che ha accolto con grande gioia la sua elezione e che, secondo i retroscena, ha contribuito a farla accadere. Sassoli ha, insieme al gruppo dem di Strasburgo, promosso la candidatura a proprio vice di un deputato Cinque Stelle, tal Massimo Castaldo, con cui ha ottime relazione diplomatiche. Castaldo, con la protezione Pd, ha soffiato il posto alla candidata leghista Mara Bizzotto. Contemporaneamente, i Cinque Stelle hanno promesso il proprio sì alla candidatura di Ursula von der Leyen, che verrà votata anche dal Pd ma che intende rifiutare i voti della Lega. Insomma, se a Roma Lega e Cinque Stelle - nonostante tutti i litigi - continuano a stare insieme, a Bruxelles l'asse Pd-M5s funziona già. E pochi giorni fa proprio Sassoli, accolto con un'ovazione dall'assemblea nazionale Pd, ha lodato (in contrapposizione a Salvini) il premier Conte e ha fatto una apertura piuttosto chiara a M5s: «Siamo forti della nostra identità, perché dovremmo avere paura ad incrociare storie diverse, temperamenti molto lontani dai nostri, gente che ci ha criticato, interessi che non ci appartengono?». Poi l'incitazione: «Non dobbiamo chiedere da dove viene, ma dove vuole andare».

Nei conversari interni al Pd, uno è l'argomento forte dei fautori del ribaltone: l'elezione, nel 2022, del successore di Mattarella. «Vogliamo lasciare una partita del genere in mano a Salvini?», è la domanda retorica di chi (compreso, dicono nel Pd, lo stesso Mattarella) vorrebbe scongiurare questo rischio. Il voto anticipato, secondo gli attuali sondaggi, consegnerebbe il Parlamento ad una maggioranza leghista, che si sceglierebbe il proprio presidente. Una maggioranza giallo-rossa, aperta ad altri gruppi, invece potrebbe escludere dalla scelta un Carroccio che nelle attuali Camere è in netta minoranza. Ma c'è anche un altro argomento, che sorprendentemente ha raccolto consensi anche in casa renziana: con i grillini si potrebbe lavorare ad una legge elettorale condivisa che abbia l'obiettivo, col doppio turno, di offrire agli elettori di Pd e M5s la possibilità di convergere per bocciare un candidato leghista.

Un po' come è successo in giugno a Campobasso, dove è stato eletto l'unico sindaco grillino anche con i voti dem.

Se Conte, dopo il Russiagate, è diventato improvvisamente meno sottomesso e più spavaldo con i suoi vice, una ragione c'è: ha capito che potrebbe essere lui, e non Salvini, a contare su due forni.

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